giovedì 16 agosto 2012

E' se il debito italiano fosse gà sostenibile? Avvenire 17 agosto


l’analisi


DI GIUSEPPE PENNISI I l «gioco del debito» è verosimil­mente una delle attività a cui numerosi componenti dell’e­secutivo si stanno dedicando in questi giorni di (relativa) vacanza. Il 10 agosto Avvenire ha riassunto un 'poker di proposte' e sottolineato le condizioni imprescindibili (poli­tica di crescita economica ed im­pegno di lungo periodo delle forze politiche e, soprattutto, delle parti sociali) per l’attuazione del pro­gramma specifico che verrà appro­vato da Governo e Parlamento e messo in cantiere; in effetti, le pro­poste sono molto più numerose e altre sono state annunciate per la fine di agosto-inizio di settembre.

Le quattro presentate, tuttavia, so­no le più ca­ratterizzanti; le altre già sulla scriva­nia del presi­dente del Consiglio rappresenta­no principalmente variazioni sul te­ma. Forniscono sufficiente mate­riale per individuare alcuni criteri perché, questa volta, la riduzione del peso del debito abbiamo suc­cesso, in altri termini perché l’Italia vinca al tavolo del «gioco del debi­to ». In estrema sintesi, le proposte ap­partengono a due categorie: a) quelle che prevedono l’istituzio­ne di un apposito fondo per la ri­duzione del debito tramite una bat­teria di misure che vanno dal ri­scatto dello stock esistente alle pri­vatizzazioni; b) quelle che, invece, fanno ricorso a una varietà di strumenti ciascuno dei quali operato dalle strutture già esistenti e secondo le procedure e prassi in vigore, nonché, in alcuni casi,messi in concorrenza gli uni con gli altri. Ambedue hanno van­taggi e svantaggi. Gli aspetti più attraenti del­la prima cate­goria sono la chiara indivi­duazione dell’istituzio­ne responsa­bile per la riduzione del debito e, quindi, la sua accountability, il po­terla chiamare in causa per i risul­tati, più o meno brillanti, ottenuti. Ci sono esempi anche recenti che hanno dato i frutti sperati, princi­palmente il Treuhandanstalt ( THA) tedesco per ripianare il debito dei Lander dell’Est e, in parallelo, av­viarvi un processo di crescita. Altri riguardano il rientro dal debito pre­videnziale in numerosi Stati dell’A­merica Latina. Lo svantaggio principale consiste nei tempi necessari per dare vita al­l’istituzione, ingaggiare il persona­le, definire le procedure operative. Da alcuni giorni circolano voci se­condo cui verrebbe nominato un Commissario per gestire l’istituzio­ne (da creare) oppure che il compi­to verrebbe affidato un vice-mini­stro ad hoc. Queste soluzioni sono certamente fondate sulla buona in­tenzione di fare presto e bene, ma la loro attuazione rischia di aggra­vare il problema, creando rivalità con la macchina amministrativa e le organizzazioni già esistenti ed imponendo un 'management a matrice', più volte tentato nel set­tore pubblico italiano senza, però, poter vantare grandi risultati.

Ove la nuova istituzione emettesse titoli garantiti dal patrimonio pub­blico, ivi comprese le maggiori im­prese a partecipazione statale – e quindi ad alto rating – ci sarebbe il pericolo di svalorizzare ulterior­mente quelli attualmente in circo­lazioni nonché nuove emissioni or­dinarie del Tesoro.

Le proposte che fanno ricorso ad u­na varietà di strumenti hanno an­che esse vantaggi e svantaggi. Da un lato, non richiedono un nuovo assetto istituzionale e procedurale (ma, se del caso, ritocchi e ammo­dernamenti a quelli già in essere). Da un altro, possono innescare u­na salutare competizione tra istitu­zioni e tra strumenti. Da un altro ancora, consentono rimodulazioni mentre il programma è in corso. Presentano, però, il rischio di acca­vallamenti e frammentazione. Me­riterebbe considerare la creazione non di una nuova istituzione ma di una «cabina di regia» presso il Mi­nistero dell’Economia e delle Fi­nanze (o presso la Presidenza del Consiglio) per una valutazione con­tinua e dell’intero programma e del­le sue componenti più significative al fine di proporre i riaggiusta men­ti che si ritengano utili al raggiun­gimento degli obiettivi. Si può ar­gomentare che alcune 'cabine di regia' (ad esempio, quella per il Mezzogiorno e quella per i 'grandi eventi') hanno avuto esiti ben in­feriori alla aspettative. Da espe­rienze come quelle citate avremmo già dovuto trarre le lezioni del caso.

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