IL SETTEMBRE INFUOCATO DELL'EUROZONA
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Salisburgo - Nella lettera mensile ai propri abbonati la Roubini Global Economics scrive: “Settembre sarà un mese drammatico per l’eurozona”. Proprio in questi giorni, una serie di incontri bilaterali di Capi di Stato e di governo stanno tentando di trovare una strategia condivisa sui punti più infuocati, ma le posizioni di opinioni pubbliche, ceti dirigenti e Parlamenti sono molto distinte e distanti da quelle espresse in comunicati ufficiali. Prendiamo il nodo della Grecia. Senza dubbio, il Cancelliere Angela Merkel e il presidente Francois Hollande stanno cercando di aiutare il leader greco Samaras a togliere la castagne dal fuoco dilazionando gli impegni. Tuttavia, qui a Salisburgo, dove molti politici, industriali e finanzieri del mondo tedesco sono riuniti per l’ultima settimana del Festival estivo, tira brutta aria (per i Greci): se non si rispettano patti firmati solo pochi mesi fa, è difficile pensare che l’eurozona possa avere le regole essenziali per sopravvivere.
Prendiamo il caso dell’”unione bancaria”. È in corso una campagna di stampa perché alcune competenze essenziali in materia di vigilanza vengano affidate alla Banca centrale europea (Bce) e perché l’Eurotower acquisti titoli di Stato di Spagna ed Italia per evitare che lo spread diventi troppo alto. Un banchiere tedesco, però, afferma senza mezzi termini che “Mario Draghi tenta di vendere la pelle dell’orso prima di avere ucciso la bestia”. Il 6 settembre, quando si riunirà il Consiglio Direttivo della Bce, nella sala della riunione l’aria si potrà tagliare a fette e la temperatura sarà incandescente.
Prendiamo il caso del debito sovrano dell’Italia. È stata presentata una mezza dozzina di programmi di misure straordinarie ‘taglia debito’, ma a Roma c’è chi si trincera dietro un lavoro di William B. Cline dell’Institute for International Economics secondo cui la situazione non sarebbe preoccupante. Una lettura attenta dello studio (W0P 12-12 del Peterson Institute) solleva rilievi tecnici preoccupanti ed inoltre l’analisi si basa su un concetto di ‘sostenibilità’ puramente contabile, ossia di probabilità di insolvenza. All’origine del peso del debito sull’Italia, c’è innanzitutto la mancanza di crescita sino al 2008 e la perdita di dieci punti percentuali del Pil da allora ad oggi. Secondo stime della commissione Europea, della Banca centrale europea e del Fondo monetario, il peso del debito rallenta di un punto percentuale l’anno la crescita del Pil, portandone il tasso potenziale dall’1,3 per cento allo 0,3 per cento l’anno e rendendoci predisposti a scivolare in recessione. Alla luce di questa considerazione, gli scenari proposti da Cline, ed i relativi calcoli, assumono una luce molto differente di quella che ad essi tendono a dare alcuni lettori frettolosi. Come altri Paesi dell’eurozona, siamo sull’orlo di un precipizio e ci nascondiamo dietro il primo che ci illude con presunte buone notizie. (ilVelino/AGV)
(Giuseppe Pennisi) 24 Agosto 2012 16:42
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Salisburgo - Nella lettera mensile ai propri abbonati la Roubini Global Economics scrive: “Settembre sarà un mese drammatico per l’eurozona”. Proprio in questi giorni, una serie di incontri bilaterali di Capi di Stato e di governo stanno tentando di trovare una strategia condivisa sui punti più infuocati, ma le posizioni di opinioni pubbliche, ceti dirigenti e Parlamenti sono molto distinte e distanti da quelle espresse in comunicati ufficiali. Prendiamo il nodo della Grecia. Senza dubbio, il Cancelliere Angela Merkel e il presidente Francois Hollande stanno cercando di aiutare il leader greco Samaras a togliere la castagne dal fuoco dilazionando gli impegni. Tuttavia, qui a Salisburgo, dove molti politici, industriali e finanzieri del mondo tedesco sono riuniti per l’ultima settimana del Festival estivo, tira brutta aria (per i Greci): se non si rispettano patti firmati solo pochi mesi fa, è difficile pensare che l’eurozona possa avere le regole essenziali per sopravvivere.
Prendiamo il caso dell’”unione bancaria”. È in corso una campagna di stampa perché alcune competenze essenziali in materia di vigilanza vengano affidate alla Banca centrale europea (Bce) e perché l’Eurotower acquisti titoli di Stato di Spagna ed Italia per evitare che lo spread diventi troppo alto. Un banchiere tedesco, però, afferma senza mezzi termini che “Mario Draghi tenta di vendere la pelle dell’orso prima di avere ucciso la bestia”. Il 6 settembre, quando si riunirà il Consiglio Direttivo della Bce, nella sala della riunione l’aria si potrà tagliare a fette e la temperatura sarà incandescente.
Prendiamo il caso del debito sovrano dell’Italia. È stata presentata una mezza dozzina di programmi di misure straordinarie ‘taglia debito’, ma a Roma c’è chi si trincera dietro un lavoro di William B. Cline dell’Institute for International Economics secondo cui la situazione non sarebbe preoccupante. Una lettura attenta dello studio (W0P 12-12 del Peterson Institute) solleva rilievi tecnici preoccupanti ed inoltre l’analisi si basa su un concetto di ‘sostenibilità’ puramente contabile, ossia di probabilità di insolvenza. All’origine del peso del debito sull’Italia, c’è innanzitutto la mancanza di crescita sino al 2008 e la perdita di dieci punti percentuali del Pil da allora ad oggi. Secondo stime della commissione Europea, della Banca centrale europea e del Fondo monetario, il peso del debito rallenta di un punto percentuale l’anno la crescita del Pil, portandone il tasso potenziale dall’1,3 per cento allo 0,3 per cento l’anno e rendendoci predisposti a scivolare in recessione. Alla luce di questa considerazione, gli scenari proposti da Cline, ed i relativi calcoli, assumono una luce molto differente di quella che ad essi tendono a dare alcuni lettori frettolosi. Come altri Paesi dell’eurozona, siamo sull’orlo di un precipizio e ci nascondiamo dietro il primo che ci illude con presunte buone notizie. (ilVelino/AGV)
(Giuseppe Pennisi) 24 Agosto 2012 16:42
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