venerdì 3 agosto 2012

L’Unione politica, un sogno che ora è più lontano in Avvenire 3 agosto

L’Unione politica, un sogno che ora è più lontano


per superare la crisi. Agli im­pegni sul rigore, cioè, non sono collegate misure come aiuti alla istituzioni finan­ziarie nazionali in difficoltà, o la mutualizzazione di par­te del debito pubblico. L’as­sunto principale del Com­pact è che senza finanza
pubblica in ordine e senza stabilità finanziaria non ci sono neanche le premesse per misure specifiche volte a rilanciare le economie più colpite dalla crisi e per assi­curare lo sviluppo sosteni­bile dell’Europa. Questo po­trebbe invece avvenire sola­mente nel contesto di una vera Unione politica (il so­gno di Adenauer, De Gaspe­ri e Schuman e, prima di lo­ro, di Colorni, Spinelli e Ros­si nel Manifesto di Ventote­ne redatto mentre erano al confino), giacché soltanto u­na Unione politica darebbe una base democratica a po­litiche comuni che compor­tino vasti e duraturi trasfe­rimenti di risorse da 'chi ha' a 'chi non ha'.

Il Compact è solo il primo pilastro per arrivare alla Po­litical union. La crisi che si trascina da oltre un lustro mostra però che un bubbo­ne ancora più grave si anni­da nei servizi finanziari pri­vati (banche, assicurazioni, fondi comuni) dove com­portamenti opportunistici hanno messo a repentaglio il sistema e inferto un duro colpo alla fiducia di tutti gli operatori, specialmente dei risparmiatori e degli opera­tori 'per bene'. Quindi, il se­condo pilastro del cammi­no è l’unione bancaria, che contempla regole comuni per la capitalizzazione, gli
accantonamenti prudenzia­li, la vigilanza dei servizi fi­nanziari. Se il percorso ver­so l’entrata in vigore del Fi­scal compact è quasi com­pletato, molto più irta è la strada verso la pur necessa­ria Unione bancaria, consi­derata la varietà dei diversi sistemi europei.

Ma facciamo l’ipotesi che
con il cappio della crisi al collo si arrivi in fretta all’U­nione bancaria, quali sareb­bero i lineamenti della suc­cessiva Unione politica? Il Cancelliere tedesco Angela Merkel e i suoi collaborato­ri hanno idee simili a quelle di Konrad Adenauer: una Commissione eletta demo­craticamente con un bilan­cio pari al 20% del Pil euro­peo (una proposta analoga era nel programma 1994 di Forza Italia) e un Parlamen­to con effettivi poteri legi­slativi su una vasta gamma di materia di interesse euro­peo.
Attualmente il bilancio ge­stito dalle istituzioni dell’U­nione Europea è pari a circa l’1% del Pil Ue. È finanziato in parte da contributi diret­ti dei singoli Stati dell’Unio­ne in base a parametri rela­tivi alla loro popolazione e alla loro situazione econo­mica, e in parte da gettito preveniente dalla tariffa do­ganale comune oltre che da una piccola percentuale del­­l’Iva dei vari Stati. La metà circa delle spese è destinata alla Politica agricola comu­ne. Un aumento delle risor­se comunitarie di tali di­mensioni renderebbe sì possibili maggiori trasferi­menti agli Stati in difficoltà, ma comporterebbe decide­re sia quali fonti di gettito at­tualmente a disposizione degli Stati nazionali debba­no essere attribuite alle isti­tuzioni Ue, sia quali spese pubbliche ora di esclusiva spettanza degli Stati nazio­nali dovrebbero diventare di competenza comunitaria.

È evidente che si tratta di de­cisioni che non possono es­sere
prese da conferenze in­tergovernative sulla base di proposte formulate da or­gani tecnici, ma che richie­dono una forte trasforma­zione in senso democratico delle istituzioni europee (tra cui l’elezione della Com­missione e l’attribuzioni di maggiori funzioni al Parla­mento Europeo). Il cammi­no

Al bilancio del futuro governo europeo dovrà andare il 20% del Pil, rispetto all’1% attuale. Ci vorrà molto tempo
Dopo il «Fiscal compact» l’obiettivo è l’Unione bancaria, seconda tappa decisiva. Ma restano le divisioni








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