IL ROSSINI OPERA FESTIVAL 2012 NON SOFFRE LA CRISI
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Pesaro - Al Rossini Opera Festival (ROF),
inaugurato la sera del 10 agosto con la ripresa in tempi moderni di “Ciro in
Babilonia” in edizione critica, non si avverte aria di crisi. I teatri sono
esauriti da mesi, ben 140 giornalisti sono accreditati al Festival. Nell’arco
di tre decenni, grazie a Rossini, Pesaro è diventata la Bayreuth o la
Salisburgo italiana: le richieste di biglietti eccedono del 25-30 per cento i
posti disponibili, tanto che si sta pensando di costruire (come a Bayreuth)
liste d’attesa pluriennali, anche se la normativa e la prassi italiana
richiedono di vendere un certo numero di posti di loggione il giorno della
recita. Il Rof ha un pubblico fidelizzato (il 70 per cento è straniero, il 30
percento italiano, i marchigiani appena il dieci per cento del totale). Alcuni
anni fa, uno studio (ormai datato) dell’università di Bologna concluse che con
una spesa (tra contributi pubblici e apporto di sponsor privati) di 6 milioni
di euro si attivano 24 milioni di euro di ricavi, tenendo conto dell’indotto.
Uno studio quantitativo degli effetti sull’indotto, curato dall’università di
Urbino sulla base di un’attenta analisi statistica, conclude (utilizzando dati
2011) che l’incremento di fatturato nei comparti interessati al Festival (da
alberghi e ristoranti, ad abbigliamento, a parrucchieri, a fiorai) si colloca
mediamente sul 21 per cento , pur se è presente una notevole variabilità
settoriale: dal 45per cento delle strutture alberghiere al 5 per cento per le
gioiellerie e orologerie. Questi dati indicano che, quindi, sarebbe utile
pensare a migliorare la struttura degli incentivi tributari in modo che
gradualmente le elargizioni liberali dei privati possano prendersi carico di
una parte maggiore del costo complessivo.
In aggiunta, in questi giorni è in dirittura d’arrivo una proposta di legge bipartisan di iniziativa parlamentare mirata a “valorizzare i festival musicali e operistici italiani di assoluto prestigio internazionale” (i Festival intitolati Puccini e Rossini e quelli di Ravenna e Spoleto). È naturalmente miele per le orecchie dei sovraintendenti che potranno formulare programmi ancora più ambiziosi: particolarmente importanti quelli per il ROF2013 che prevedono (oltre a concerti) tre nuovi allestimenti impegnativi: “Guillaume Tell”, “Italiana in Algeri” e “Donna del Lago”
In aggiunta, in questi giorni è in dirittura d’arrivo una proposta di legge bipartisan di iniziativa parlamentare mirata a “valorizzare i festival musicali e operistici italiani di assoluto prestigio internazionale” (i Festival intitolati Puccini e Rossini e quelli di Ravenna e Spoleto). È naturalmente miele per le orecchie dei sovraintendenti che potranno formulare programmi ancora più ambiziosi: particolarmente importanti quelli per il ROF2013 che prevedono (oltre a concerti) tre nuovi allestimenti impegnativi: “Guillaume Tell”, “Italiana in Algeri” e “Donna del Lago”
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Ma andiamo alla 33sima edizione appena iniziata (dal 10 al 23 agosto). Presenta, unitamente alla ripresa di “Matilde di Shabran” e de “Il Viaggio a Reims” un nuovo allestimento de “Il Signor Bruschino” e l'edizione critica di “Ciro in Babilonia”, opera che ebbe scarso successo alla prima nel 1812, quando il ventenne Gioacchino dovette frettolosamente mettere in musica un libretto biblico, improbabile nella trama e nei versi. Persosi l'originale, l'edizione contemporanea è il frutto di una complessa operazione musicologica della Fondazione Rossini. “Ciro in Babilonia” nacque come un oratorio biblico di quelli che, nell’Europa della Restaurazione, i teatri potevano mettere in scena durante la Quaresima. Nonostante l’esito quanto meno incerto della prima a Ferrara, circolò in Italia e anche all’estero sino al 1830 o giù di lì. In edizioni, spesso spurie, per adattarlo a ‘opera seria’. “Ciro in Babilonia” non è fra le maggiori partiture del pesarese: Rossini era un ventenne snello e donnaiolo, con testa oltre che rivolta alle gonnelle alle deliziose farse composte in quel periodo. In tempi recenti, l’opera è stata ripresa nella seconda metà degli Anni Ottanta a Novara e nel 2004 al festival rossiniano nella Foresta Nera. È la prima volta che ne viene presentata un’edizione critica con un cast all’altezza dell’impervia vocalità delle principali arie (due per il contralto, una per il soprano e una per il tenore). L’opera non è priva di momenti efficaci: il quartetto con cui termina il primo atto, la scena del banchetto (che sembra anticipare “Maometto II” in quanto è un lungo “numero” in più parti) ma nel complesso si tratta di prodotto acerbo e ineguale.
Ma andiamo alla 33sima edizione appena iniziata (dal 10 al 23 agosto). Presenta, unitamente alla ripresa di “Matilde di Shabran” e de “Il Viaggio a Reims” un nuovo allestimento de “Il Signor Bruschino” e l'edizione critica di “Ciro in Babilonia”, opera che ebbe scarso successo alla prima nel 1812, quando il ventenne Gioacchino dovette frettolosamente mettere in musica un libretto biblico, improbabile nella trama e nei versi. Persosi l'originale, l'edizione contemporanea è il frutto di una complessa operazione musicologica della Fondazione Rossini. “Ciro in Babilonia” nacque come un oratorio biblico di quelli che, nell’Europa della Restaurazione, i teatri potevano mettere in scena durante la Quaresima. Nonostante l’esito quanto meno incerto della prima a Ferrara, circolò in Italia e anche all’estero sino al 1830 o giù di lì. In edizioni, spesso spurie, per adattarlo a ‘opera seria’. “Ciro in Babilonia” non è fra le maggiori partiture del pesarese: Rossini era un ventenne snello e donnaiolo, con testa oltre che rivolta alle gonnelle alle deliziose farse composte in quel periodo. In tempi recenti, l’opera è stata ripresa nella seconda metà degli Anni Ottanta a Novara e nel 2004 al festival rossiniano nella Foresta Nera. È la prima volta che ne viene presentata un’edizione critica con un cast all’altezza dell’impervia vocalità delle principali arie (due per il contralto, una per il soprano e una per il tenore). L’opera non è priva di momenti efficaci: il quartetto con cui termina il primo atto, la scena del banchetto (che sembra anticipare “Maometto II” in quanto è un lungo “numero” in più parti) ma nel complesso si tratta di prodotto acerbo e ineguale.
Il ROF ha reso lo spettacolo interessante grazie alla spiritosa idea del regista David Livermore e dello scenografo Nicola Boveys di presentare l’azione come fosse quella di un film muto di soggetto biblico dell'epoca in cui a Cinecittà e a Hollywood anche l'inverosimile pareva avesse un tocco di realtà. Come in un film d'inizio Novecento, il truce re di Babilonia Baldassarre (tenore) ha imprigionato la moglie (soprano) e il figlio di Ciro (contralto). Vuole far sua la donna e uccidere il bimbo, ma al termine di intrighi di ogni sorta, tradimenti e battaglie, i buoni trionfano e i cattivi sono puniti. La regia riprende spezzoni interi di “Intolerance” di Griffith e l’ultima scena è chiaramente tratta dell’episodio del sacrificio umano in “Cabiria”. Ottime le voci (specialmente Eva Poddles, Jessica Pratt e Micheal Spyres) in arie e duetti davvero impervi. Baldanzosa e di livello l'orchestra del Teatro Comunale di Bologna, diretta da Will Crutchfield, noto principalmente come cembalista. La produzione è in collaborazione con il Caramoor International Music Festival, nei pressi di New York, dove è stata presentata poco tempo fa. Dopo la proposta in due importanti festival internazionali si vedrà se, a due secoli dal debutto a Ferrara, “Ciro in Babilonia” inizierà a viaggiare. Per accattivante che sia l’allestimento, ho qualche dubbio di rivedere l’opera nelle prossime stagioni. Una vera operazione da festival. (ilVelino/AGV)
(Hans Sachs) 11 Agosto 2012 17:04
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