VERTICE UE/ Monti si gioca il
"lascia o raddoppia"
mercoledì 27
giugno 2012
Mario Monti (Infophoto)
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La stampa d’informazione (e anche quella economica)
pullula di scenari (a volte piuttosto fantasiosi) e di implicazioni sulla
finanza e sull’economia reale di ciò che avverrà il 28-29 giugno a Bruxelles.
Vengono presentate le ipotesi più diverse di mediazione. Riaffiorano vecchie
idee come quella del vaglio preventivo dei bilanci di previsione (e dei loro
“assestamenti”) degli Stati dell’eurozona prima che detti documenti vadano al
vaglio dei Parlamenti. Si tratteggiano varie possibilità di “unione fiscale” e
di “garanzie europee ai correntisti bancari”. Prematuro commentare su idee in
libertà mentre il comunicato del “vertice” dei Capi di Stato e di Governo è
stato sostanzialmente scritto dagli sherpas in modo che potrebbe dare adito
a una vasta gamma di interpretazioni.
Sarebbe tutto andato per il meglio - per così dire -
se non ci si fosse accorti, dopo la riunione quadrangolare di Roma e in seguito
alla nuove notizie sulla situazione delle banche spagnole e sui “massaggi” ai
conti pubblici greci, che la miriade di uomini e donne che vendono e comprano
titoli sui mercati mondiali sono “stanchi e stufi” di comunicati ambigui e di
dichiarazioni altisonanti ma senza veri contenuti. Apprezzano il linguaggio di
Frau Merkel che dice pane al pane e vino al vino come una massaia di Vigevano o
una casalinga di Waterloo, Iowa. Quindi, una “dichiarazione comune” ben scritta
ma priva di mordente farebbe più male che bene.
In questo quadro, è emersa nelle ultime ore la
possibilità che il Presidente del Consiglio italiano Mario Monti sia il “grande
mediatore”. Il compito gli sarebbe stato affidato niente popò di meno che dal
Presidente degli Stati Uniti Barack Obama (anche lui in mezzo a un mare di
guai). Poco importa chi ha telefonato per primo a chi il 25 giugno. Il medesimo
giorno è arrivata l’investitura ufficiale del Financial Times, ossia
della City (quasi a confermare le malelingue secondo cui quello italiano
sarebbe il Governo dei banchieri). Senza dimenticare che lo stesso Premier ieri
alla Camera ha rivendicato di essere riuscito a favorire l’avvicinamento tra
Angela Merkel e François Hollande.
Ma lasciamo ad altri i retroscena. Ora Monti ha la
bicicletta (del mediatore) e se non pedala, cade con il rischio di rompersi il
femore. Si aprono finestre di opportunità sia positive sia negative. Se
usassimo la teoria dei giochi, potremmo dire che Monti è alle prese con un
gioco ad ultimatum dove o vince (almeno temporaneamente) e può fare finta di
averla vinta alla grande o perde tutto il montante in palio.
In un quadro positivo, Monti riuscirà a portare a casa
qualcosa, forse di breve durata, come Mussolini a Monaco: basterebbe, ad
esempio, il varo dei project bond (o meglio la loro ripresa, poiché
esistevano già negli anni Ottanta quando la Commissione europea era guidata da
François Ortoli; li aveva inventati il compianto Tommaso Padoa Schioppa),
oppure una road map per garanzie bancarie comuni. Se questi risultati
durano alcuni mesi (nei quali si vede qualche barlume di progresso), Monti avrà,
con l’aiuto dei suoi “persuasori occulti”, la strada spianata verso l’agognato
Quirinale e, dopo le elezioni, in Italia si andrà a maggioranze a geometria
variabile orchestrate dal Colle. Pure sotto il profilo finanziario ci potrebbe
essere una pausa nella “guerra degli spread” (sempre che da Grecia e Spagna non
venga qualche nuova “mattata”).
Se non riuscirà a portare neanche questo, il rischio
di rottura è alto e grave: oltre al femore del mediatore, è in gioco la
prosecuzione dell’unione monetaria nella veste attuale (ci sono varie
alternative possibili) e in Italia la sopravvivenza stessa dell’attuale
esecutivo.
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