LE ILLUSIONI GRECHE
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completa
Roma - I commenti ai risultati delle
elezioni in Grecia mi hanno fatto tornare alle mente come, 43 anni fa, il mio
professore di economia internazionale alla School of Advanced International
Studies, Isaiah Frank, prendeva commiato da noi studenti, al termine di ogni
lezione: Arrivederci, signori studenti; non nutrite, vi prego, mai illusioni.
Gran parte degli editoriali considerano il “problema greco” e, quel che più
conta, il nodo del debito nell’eurozona come se fosse sulla via della soluzione
- anzi quasi già risolto ove non si mettessero in mezzo quei cocciuti dei
tedeschi. Siamo invece entrati in una fase molto turbolenta. In primo luogo,
sono necessari una quindicina di giorni prima che ad Atene ci sia un governo
con pieni poteri. In una democrazia parlamentare occorre eleggere vari organi
istituzionali (ad esempio, il presidente del Parlamento) prima che inizino le
consultazioni per il conferimento dell’incarico. Inoltre, non sarà facilissimo
far sì che i due avversari di sempre (conservatori e socialisti) trovino un
accordo sia sul programma sia sulle poltrone. Una volta trovatolo, dovranno
fare i conti con opposizioni (di destra e di sinistra) tanto forti da farsi
sentire e nella aule parlamentari e delle piazze.
In secondo luogo, il governo che nella migliore delle ipotesi si profila affermerà l’intenzione di restare nell’eurozona ma chiederà modifiche all’accordo di febbraio. C’è il rischio che il dibattito finisca in diatribe bizantine su scadenze e tassi di interesse mentre il punto centrale è cosa devono fare i greci per aumentare la propria produttività. Di risorse ne hanno avute a bizzeffe: dall’ingresso nell’euro, aiuti dal resto dell’Europa e dal Fondo Monetario pari a 575 miliardi di euro (oltre il doppio di un anno di Pil), mentre, ad esempio, nei quattro anni del Piano Marshall la Germania del dopoguerra ne ha ricevuto un totale pari al 2 per cento di quattro anni di Pil. Il documento aggiunge che “il supporto dell’Europa e del Fondo monetario internazionale alla Grecia è stato equivalente a 115 volte quello del Piano Marshall alla Germania, un terzo è stato a carico dei contribuenti tedeschi e non si vedono ancora le riforme essenziali per la crescita”. Se i 575 miliardi fossero stati investiti bene, la Grecia non avrebbe un debito sovrano di 357 miliardi di euro, pari a due volte e mezzo quello dell’Argentina quando Buenos Aires dichiarò l’insolvenza (in pratica il fallimento) e svalutò drasticamente la moneta (allora agganciata al dollaro). Anche se il debito greco venisse azzerato con una bacchetta magica ci si troverebbe tra qualche tempo nella situazione attuale, se non vengono effettuate riforme drastiche per aumentare la produttività.
Sulle illusioni greche se ne cumulano altre: in particolare quella secondo cui nel giro di alcuni mesi si possa adottare in Europa un meccanismo comune di garanzie dei depositi bancari e degli intermediari finanziari. In Germania - Paese noto per la sua efficienza - è stato necessario un decennio. In Italia ci sono voluti tempi ancora più lunghi. E si trattava di riorganizzazioni nell’ambito di un solo Paese e di un solo sistema normativo. Nell’eurozona si è ancora lontani da dove cominciare un negoziato. Stiamo con i piedi per terra. Come Martin Feldstein che suggerisce al governo di Atene un’uscita concordata dall’eurozona per poi magari rientrarvi quando avrà messo ordine in casa propria e raggiunto adeguati livelli di produttività. (ilVelino/AGV)
In secondo luogo, il governo che nella migliore delle ipotesi si profila affermerà l’intenzione di restare nell’eurozona ma chiederà modifiche all’accordo di febbraio. C’è il rischio che il dibattito finisca in diatribe bizantine su scadenze e tassi di interesse mentre il punto centrale è cosa devono fare i greci per aumentare la propria produttività. Di risorse ne hanno avute a bizzeffe: dall’ingresso nell’euro, aiuti dal resto dell’Europa e dal Fondo Monetario pari a 575 miliardi di euro (oltre il doppio di un anno di Pil), mentre, ad esempio, nei quattro anni del Piano Marshall la Germania del dopoguerra ne ha ricevuto un totale pari al 2 per cento di quattro anni di Pil. Il documento aggiunge che “il supporto dell’Europa e del Fondo monetario internazionale alla Grecia è stato equivalente a 115 volte quello del Piano Marshall alla Germania, un terzo è stato a carico dei contribuenti tedeschi e non si vedono ancora le riforme essenziali per la crescita”. Se i 575 miliardi fossero stati investiti bene, la Grecia non avrebbe un debito sovrano di 357 miliardi di euro, pari a due volte e mezzo quello dell’Argentina quando Buenos Aires dichiarò l’insolvenza (in pratica il fallimento) e svalutò drasticamente la moneta (allora agganciata al dollaro). Anche se il debito greco venisse azzerato con una bacchetta magica ci si troverebbe tra qualche tempo nella situazione attuale, se non vengono effettuate riforme drastiche per aumentare la produttività.
Sulle illusioni greche se ne cumulano altre: in particolare quella secondo cui nel giro di alcuni mesi si possa adottare in Europa un meccanismo comune di garanzie dei depositi bancari e degli intermediari finanziari. In Germania - Paese noto per la sua efficienza - è stato necessario un decennio. In Italia ci sono voluti tempi ancora più lunghi. E si trattava di riorganizzazioni nell’ambito di un solo Paese e di un solo sistema normativo. Nell’eurozona si è ancora lontani da dove cominciare un negoziato. Stiamo con i piedi per terra. Come Martin Feldstein che suggerisce al governo di Atene un’uscita concordata dall’eurozona per poi magari rientrarvi quando avrà messo ordine in casa propria e raggiunto adeguati livelli di produttività. (ilVelino/AGV)
(Giuseppe
Pennisi) 19 Giugno 2012 12:55
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