OPERA, PER BRITTEN UN “SOGNO DI MEZZA ESTATE” AFFASCINANTE MA SCOMODO
Roma - Dal 19 giugno in arrivo a Roma il
capolvoro shakespeariano nella versione del compositore inglese. Un lavoro
firmato dall’acclamato regista scozzese Paul Curran. Sul podio il direttore
statunitense James Conlon
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Roma - È in arrivo al Teatro dell’Opera di
Roma (dal 19 giugno) “A Midsummer Night’s Dream” di Benjamin Britten. Lo si
attende da anni. Era stato programmato alla fine degli anni Novanta
nell’allestimento considerato storico di Robert Carsen per il Festival di Aix
en Provence del 1991, ma per ragioni di costo si dovette ricorrere a un
allestimento “fatto in casa” (da Denis Krief) ma molto efficace. Una produzione
di lusso arrivò una decina di anni fa dalla lontana Australia, al San Carlo. In
Italia la versione Carsen approdò al Ravenna Festival, successivamente al
Ravenna Festival , nonché nel 2009 alla Scala. Sempre nel 2009, l’opera era
programmata anche a Bologna (dove è stata sostituita da “La Rondine”, affidata
ai corsisti della Scuola d’Opera del teatro). Una produzione essenziale ma non
priva di fascino si è vista anche nel circuito toscano. Con Richard Strauss e
Leos Janaceck, Benjamin Britten è uno dei tre maggiori grandi autori del teatro
in musica del “Novecento storico”. Poco eseguito in Italia per anni (la sola
eccezione è Roma, grazie principalmente ai programmi di musica contemporanea
dell’orchestra della Rai), in questi ultimi due lustri c’è stata una ripresa
dell’interesse e dei teatri e - quel che più conta - del pubblico. “The turn of
the screw” lo si è visto a Torino, a Roma, Cagliari e Parma; “Peter Grimes” a
Firenze, a Milano, a Reggio Emilia e a Ferrara; “Billy Budd” a Venezia, Torino
e Genova; “A Death in Venice” e “The Rape of Lucretia” a Genova e Firenze; e
nel circuito toscano di Città Lirica; “Albert Herring” nel circuito emiliano ed
a Cosenza; gli apologhi sacri sono stati messi in scena a Spoleto; il “Saint
Nicholas” a Bari ed a Montepulciano; “The little sweep” a Palermo, oltre che a
Rovigo e Modena.
“A Mid-Summer” è uno dei lavori più affascinanti di Britten. Viene utilizzato (opportunamente ridotto dallo stesso autore e dal suo compagno di vita, il tenore Peter Pears) il testo di Shakespeare, eliminando scene e ruoli secondari per evitare una durata spropositata e accentuando la differenza tra la città (Atene, dove regnano regole formalmente eque ma sostanzialmente ingiuste) e la foresta, dove regna la natura, trovano rifugio i giovani amanti, la regina delle Fate Titania riconquista il re delle fate Oberon e i villici diventano poeti. L’opera è stata concepita in un periodo in cui Britten intendeva salvare il teatro in musica britannico, riducendone i costi (e quindi gli organici), impiegando voci giovani e costituendo compagnie che potessero viaggiare da città a città. La Jubilee Hall di Aldenburgh, la cittadina dove Britten e Pears risiedevano, venne appositamente ampliata per l’occasione: conteneva, però, 316 spettatori (non i 1800 circa de La Scala), un piccolo golfo mistico (per un organico quasi cameristico) e i 18 solisti erano in gran misura giovani. Ebbe un successo enorme, nonostante fosse un lavoro “scomodo”: ironizzava sia sulla “buona società” britannica dell’epoca sia sulla storia della musica del Regno Unito, con richiami e citazioni vagamente messe alla berlina.
Il un nuovo allestimento che si vedrà al Costanzi porta la firma dell’acclamato regista scozzese Paul Curran e le scene e i costumi di Kevin Knight. Sul podio il direttore statunitense James Conlon, grande esperto della musica di Britten, cui ha dedicato un omaggio con una serie di esecuzioni in occasione del centenario dalla nascita che ricorre nel 2013. Il mondo di fate, folletti e creature irreali della commedia shakespeariana nella rilettura proposta da Curran per l’Opera di Roma, assume forme reali, fisiche. L’elemento fiabesco viene riportato nell’inaspettato, nella meraviglia. L’ambientazione è moderna: un museo di arte contemporanea con l’esibizione di un tempio maya spiega il regista. È un’opera che tratta della natura degli esseri umani. Il gioco, l’amore, le liti e gli scambi accompagnano i personaggi ma su tutto domina la natura, vera grande protagonista. Se il Sogno ha un messaggio continua Curran è: stai attento a quello che stai facendo con la natura.
In scena giovani voci già di prestigio internazionale: la coppia fantastica di Oberon e Tytania è intrepretata da Lawrence Zazzo e Claudia Boyle, gli innamorati Lysander e Hermia, sono interpretati da Shawn Mathey e Tamara Gura, Helena e Ellie Dehn, Demetrius è Phillip Addis,Theseus è Peter Savidge e Hippolyta Natascha Petrinski; Puck Michael Batten.
Lo stile di Britten, musicale eclettico, non rifiuta mai la scrittura tonale ed è accattivante anche per chi non ha dimestichezza con le convenzioni della musica del Novecento: pur continuando nella grande tradizione britannica iniziata con Purcell, fa propria (nel teatro in musica) la tecnica di Berg di adottare la forma di un tema su cui costruire ciascuna scena inserendo molteplici variazioni e intercalando le varie scene con intermezzi indipendenti che servano da elementi di unificazione musicale e drammatica. Altro aspetto fondante è la capacità di ottenere il massimo colore e calore orchestrale con il minimo di organico (unicamente 13 elementi ad esempio in “The turn of the screw” e una versione a organico ridotto per “Billy Budd”, pur concepito inizialmente come un grand opéra). Grande attenzione, poi, alle voci. Pur nel rispetto delle convenzioni, Britten riscopre il controtenore e lo accompagna (proprio in “A Mid-Summer”) in duetti estatici con un soprano di coloratura. Oppure, in “Billy Budd” utilizza 17 voci maschili (5 tenori, 8 baritoni, un baritono basso e 3 bassi) e nessuna voce femminile, affidando la vocalità chiara a un quartetto di adolescenti e dieci fanciulli che non cantano ma chiacchierano sullo sfondo. In “The turn of the screw”, invece, le voci sono quasi esclusivamente femminili (tre soprani e due voci bianche) con cui contrasta un baritenore. Naturalmente il metodo di organizzazione cambia quando si tratta di musica concepita per essere eseguita in chiesa (Britten era cattolico praticante) in cui il pubblico viene considerato non in veste di spettatore ma di compartecipe all’azione liturgica; quindi, alcune parti erano pensate perché eseguite dall’intera congregazione. (ilVelino/AGV)
“A Mid-Summer” è uno dei lavori più affascinanti di Britten. Viene utilizzato (opportunamente ridotto dallo stesso autore e dal suo compagno di vita, il tenore Peter Pears) il testo di Shakespeare, eliminando scene e ruoli secondari per evitare una durata spropositata e accentuando la differenza tra la città (Atene, dove regnano regole formalmente eque ma sostanzialmente ingiuste) e la foresta, dove regna la natura, trovano rifugio i giovani amanti, la regina delle Fate Titania riconquista il re delle fate Oberon e i villici diventano poeti. L’opera è stata concepita in un periodo in cui Britten intendeva salvare il teatro in musica britannico, riducendone i costi (e quindi gli organici), impiegando voci giovani e costituendo compagnie che potessero viaggiare da città a città. La Jubilee Hall di Aldenburgh, la cittadina dove Britten e Pears risiedevano, venne appositamente ampliata per l’occasione: conteneva, però, 316 spettatori (non i 1800 circa de La Scala), un piccolo golfo mistico (per un organico quasi cameristico) e i 18 solisti erano in gran misura giovani. Ebbe un successo enorme, nonostante fosse un lavoro “scomodo”: ironizzava sia sulla “buona società” britannica dell’epoca sia sulla storia della musica del Regno Unito, con richiami e citazioni vagamente messe alla berlina.
Il un nuovo allestimento che si vedrà al Costanzi porta la firma dell’acclamato regista scozzese Paul Curran e le scene e i costumi di Kevin Knight. Sul podio il direttore statunitense James Conlon, grande esperto della musica di Britten, cui ha dedicato un omaggio con una serie di esecuzioni in occasione del centenario dalla nascita che ricorre nel 2013. Il mondo di fate, folletti e creature irreali della commedia shakespeariana nella rilettura proposta da Curran per l’Opera di Roma, assume forme reali, fisiche. L’elemento fiabesco viene riportato nell’inaspettato, nella meraviglia. L’ambientazione è moderna: un museo di arte contemporanea con l’esibizione di un tempio maya spiega il regista. È un’opera che tratta della natura degli esseri umani. Il gioco, l’amore, le liti e gli scambi accompagnano i personaggi ma su tutto domina la natura, vera grande protagonista. Se il Sogno ha un messaggio continua Curran è: stai attento a quello che stai facendo con la natura.
In scena giovani voci già di prestigio internazionale: la coppia fantastica di Oberon e Tytania è intrepretata da Lawrence Zazzo e Claudia Boyle, gli innamorati Lysander e Hermia, sono interpretati da Shawn Mathey e Tamara Gura, Helena e Ellie Dehn, Demetrius è Phillip Addis,Theseus è Peter Savidge e Hippolyta Natascha Petrinski; Puck Michael Batten.
Lo stile di Britten, musicale eclettico, non rifiuta mai la scrittura tonale ed è accattivante anche per chi non ha dimestichezza con le convenzioni della musica del Novecento: pur continuando nella grande tradizione britannica iniziata con Purcell, fa propria (nel teatro in musica) la tecnica di Berg di adottare la forma di un tema su cui costruire ciascuna scena inserendo molteplici variazioni e intercalando le varie scene con intermezzi indipendenti che servano da elementi di unificazione musicale e drammatica. Altro aspetto fondante è la capacità di ottenere il massimo colore e calore orchestrale con il minimo di organico (unicamente 13 elementi ad esempio in “The turn of the screw” e una versione a organico ridotto per “Billy Budd”, pur concepito inizialmente come un grand opéra). Grande attenzione, poi, alle voci. Pur nel rispetto delle convenzioni, Britten riscopre il controtenore e lo accompagna (proprio in “A Mid-Summer”) in duetti estatici con un soprano di coloratura. Oppure, in “Billy Budd” utilizza 17 voci maschili (5 tenori, 8 baritoni, un baritono basso e 3 bassi) e nessuna voce femminile, affidando la vocalità chiara a un quartetto di adolescenti e dieci fanciulli che non cantano ma chiacchierano sullo sfondo. In “The turn of the screw”, invece, le voci sono quasi esclusivamente femminili (tre soprani e due voci bianche) con cui contrasta un baritenore. Naturalmente il metodo di organizzazione cambia quando si tratta di musica concepita per essere eseguita in chiesa (Britten era cattolico praticante) in cui il pubblico viene considerato non in veste di spettatore ma di compartecipe all’azione liturgica; quindi, alcune parti erano pensate perché eseguite dall’intera congregazione. (ilVelino/AGV)
(Hans Sachs) 18 Giugno 2012 12:50
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