mercoledì 13 giugno 2012

I GUAI DI GULLIVER (OSSIA LA GERMANIA E GLI ALTRI)in Il Velino 13 giugno

I GUAI DI GULLIVER (OSSIA LA GERMANIA E GLI ALTRI)

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Roma - Solamente chi ha una certa età, ed ha avuto la fortuna di studiare e vivere negli Stati Uniti, ricorda un libro che fu un vero e proprio best seller a cavallo tra la fine degli Anni Sessanta e l’inizio degli Anni Settanta: Gulliver’s Troubles (ossia I Guai di Gulliver) di Stanley Hoffmann, uno dei maggiori politologi prodotti dalla Università di Harvard. Lo ho riletto in questi giorni per scoprire che si applica a pennello ai temi ed ai problemi dell’eurozona. E giunge a conclusioni molto differenti di quelle di quasi tutti gli editorialisti che, da un lato, imprecano contro Frau Merkel, da un altro, le chiedono aiuto e, da un altro ancora, le impediscono di agire.

In Gulliver’s Troubles, Stanley Hoffmann analizzava obiettivi e vincoli della politica estera degli Stati Uniti. Da un canto, troppo grandi perché le loro azioni ed inazioni non incidessero sugli equilibri globali. Da un altro, troppo piccoli per fare “il gendarme del mondo” e mettere ordine dove ce ne era esigenza. Da un altro ancora, prigionieri di lillipuziani litigiosi come quelli che hanno incatenato il gigante Gulliver mentre dormiva e disputano su cosa farne.

È il quadro della Germania oggi. Tanto grande che ogni sua azione, reazione ed inazione incide sull’intera eurozona. Troppo piccola, però, per fare sì che gli Stati che negli ultimi vent’anni hanno fatto le cicale adottino programmi di riassetto strutturale analoghi a quello applicato per unificare Ovest ed Est della Repubblica Federale. E comunque, prigioniera di lillipuziani inconcludenti e litigiosi.

Se la Grecia non avesse truccato i conti per entrare nella moneta unica, se l’Irlanda non si fosse ubriacata pensando di avere trovato la pietra di paragone per la crescita inarrestabile, se il Portogallo non si fosse indebitato sino al collo nell’intrapresa impossibile di sviluppare un Nord privo di popolazione e di risorse, se il settore bancario spagnolo non fosse stato nel misero stato descritto da Luigi Zingales ne Il Sole-24 del 12 giugno, se l’Italia avesse attuato il programma di riforme delineato nel 1993, oggi Frau Merkel potrebbe guidare il convoglio dell’eurozona verso uno sviluppo sostenuto e sostenibile.

Invece, al pari di Gulliver (e della politica estera americana negli anni della guerra in Viet-Nam), ha mani e piedi legate da partner più piccoli che la tirano in direzioni opposte. Prendiamo un caso tra i tanti: il più recente, il salvataggio mascherato della banche spagnole. All’Italia, che Dio solo sa se ha esigenza di risorse (se non altro per ridurre l’oppressione tributaria), se le misure per gli istituti spagnoli vengono sommate agli aiuti alla Grecia, la bolletta arriva a 50 miliardi di euro. L’assistenza (tale è e così occorre chiamarla) alla Spagna ha indubbi vantaggi immediati per le banche di Gran Bretagna e Francia (che rischiano perdite per 100 miliardi di euro se quelle spagnole tracollano). Avrebbe dovuto essere una muraglia per evitare il contagio dell’Italia ma pare rivelarsi come l’aspirina quando c’è esigenza di un intervento chirurgico. I 50 miliardi per Grecia e Spagna faranno forse sedere il governo Monti a quello che si pensa essere il tavolo delle “grandi potenze”, ma non ne rafforzano la capacità di effettuare le riforme essenziali per la crescita. I mercati guardano a tale capacità non a conferenze stampa ed annunci; pochi in Italia realizzano il danno internazionale alla credibilità del Paese causato dal ‘pasticciaccio brutto ‘ degli ‘esodati’.

Si potrebbero citare altri casi. Finiamola, però, di prendercela con Frau Merkel: Prendiamocela con noi stessi. Nel 1992, sapevamo bene che entrare nell’euro non era una mera questione contabile di parametri. Comportava, per noi e per gli altri, che individui, famiglie, imprese, pubblica amministrazione, sindacati e ceto politico cambiassero comportamenti per allinearsi ai livelli più alti di competitività. Chi lo ha fatto vince. Chi non lo ha fatto, affonda e viene tenuto a galla da carità cristiana di Frau Merkel. La quale è tollerante. Concorre forse al Nobel ma non al Premio Giobbe (quello conferito ogni anno al più paziente).   (ilVelino/AGV)
(Giuseppe Pennisi) 13 Giugno 2012 16:07
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