I numeri che bocciano il "salvataggio" della Spagna
martedì 12
giugno 2012
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Il 10
maggio 2009, alla firma di quello che si rivelò essere il primo accordo per il
salvataggio della Grecia, non tutti stapparono champagne. Chi non lo fece, come
il vostro “chroniqueur”, venne tacciato di essere un menagramo come Cassandra
nei poemi di Omero e Virgilio. Oggi, a oltre tre anni di distanza, ancora non
si sa come la crisi greca finirà. Essere paragonati alla principessa troiana è
tutto sommato un complimento: Cassandra veniva dileggiata per esprimere dubbi
sulla natura cavallo donato dalla coalizione avversaria, ma i fatti
dimostravano che aveva ragione.
In queste ultime ore molti hanno esultato per il
marchingegno escogitato al fine d’evitare il tracollo di importanti banche
spagnole. Secondo il vostro “chroniqueur”, si tratta di un tampone di corto
respiro che non sarà efficace se non verranno adottate misure molto più incise
(o non verrà profondamente riformata l’eurozona), quali un fondo europeo di
garanzia (per i dettagli si veda “A European Deposit Insurance and Resolution Fund” di Dirk
Schoenmarler e Daniel Gros, Duisenberg School of Finance Policy Paper Series
No. 21, 2012).
Andiamo con ordine. Il Presidente del Consiglio
spagnolo, Mariano Rajoy, e il suo ministro dell’Economia, Luis de Guindos,
insistono nel dire che non si tratta di un salvataggio, ma di una pura
operazione finanziaria per facilitare la ricapitalizzazione degli istituti
iberici. Un vecchio proverbio dice se non è zuppa e pan bagnato. Lo si
chiami come si vuole, ma in pratica i contribuenti del resto dell’eurozona
mettono a disposizione di un ente pubblico spagnolo (il Fondo de
Reestructuratión Ordenada Bancaria, Frob) una linea di credito di 100 miliardi
di euro (20 verranno dai contribuenti italiani) perché il Frob, ora al verde,
faciliti la ricapitalizzazione di banche che, accecate dai miraggi dei film di
Almodovar di una Spagna secolarizzata e in rapida crescita, hanno impiegato in
modo molto poco accorto i depositi dei loro correntisti. Per tentare di celare
un salvataggio si è scelto un percorso tortuoso e in salita, il quale, come
tutti percorsi tortuosi e in salita, causerà il fiatone a tutti.
Perché a Mariano Rajoy e a Luis de Guindos non piace
parlare di aiuti? Non per orgoglio hidalgo che ama risolvere tutto con un
sonoro “Olà!”, ma per il timore che la troika - Commissione europea, Banca
centrale europea e Fondo monetario internazionale - mettesse troppo il naso nei
conti spagnoli: si sarebbe accorta che il disavanzo delle pubbliche
amministrazioni sta per raggiungere, nel 2012, non il 5,3% del Pil concordato
con il resto dell’eurozona ma l’8-9% e che lo stock di debito pubblico in
rapporto al Pil si avvicinerà al 100% nel 2014. Avrebbe anche messo le mani su
tante altre cattive statistiche e imposto un programma di rigore (sul tipo di
quelli che stanno seguendo Irlanda, Portogallo e Grecia, nonché la stessa
Italia).
Perché la troika ha fatto finta di non capire il
marchingegno? Nel pasticciaccio brutto ci sono coinvolte troppe banche di altri
paesi dell’eurozona; il timore quindi di contraccolpi pesanti in caso di
tracollo di istituti spagnoli. Secondo Nomura Research, le banche del resto
dell’eurozona rischiano (dalla crisi spagnola) ben 400 miliardi di euro (di cui
un terzo a valore su istituti britannici, francesi e tedeschi - 20 a valere su
istituti italiani).
Sino a quando tutti fanno finta e ne sono consapevoli
- come in “Così fan tutte” di Mozart-Da Ponte -, il gioco regge. Sempre, però,
che i numeri siano corretti. Un rapporto di Crédit Suisse ingenera seri dubbi.
In breve, il 9 giugno gli istituti spagnoli maggiormente esposti nei confronti
del settore delle costruzioni avrebbero dovuto effettuare accantonamenti
prudenziali per 150 miliardi di euro, a cui aggiungere altri 50-70 miliardi di
euro di ricapitalizzazioni. Ossia un totale di 200-220 miliardi di euro - oltre
il doppio della linea di credito concessa.
Lasciamo da parte gli “Olà”. E intoniamo una
canzonaccia della goliardia americana: This is number one/ and the fun has
just begun - Il divertimento (amaro) è iniziato e ne vedremo delle belle.
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