sabato 23 giugno 2012

I 130 miliardi? Non ci sono nuovi fondi Il percorso resta ancora in salita Successi e limiti del summit a 4 di Roma in Avvenire 24 giugno


I 130 miliardi? Non ci sono nuovi fondi Il percorso resta ancora in salita Successi e limiti del summit a 4 di Roma


DI GIUSEPPE PENNISI

Giovedì e venerdì prossimi è in programma il Consiglio dei capi di Stato e di governo dell’Unione Europea da cui dipende il futuro del processo di integrazione del Continente. Quanto progresso è stato fatto negli ultimi giorni, in particolare nella riunione di giovedì scorso a Lussemburgo dei ministri finanziari dell’eurozona e in quella tenuta a Roma venerdì tra i 4 leader di Francia, Germania, Italia e Spagna nella veste di stati 'grandi' dell’area? L’economista Luigi Campiglio sostiene che le intese raggiunte sono unicamente «un contentino». Un’analisi dettagliata dei corrispondenti del 'New York Times' da Roma, Parigi, Lussemburgo, Londra e Bruxelles titola: 'I leader si impegnano a salvare l’euro ma non dicono come'. In particolare - scrive l’'Economist' - la Germania delinea 'un’Europa che verrà compensata con prosperità, una volta uscita dalla foresta dell’austerità e delle riforme strutturali'; ma sino a quando le riforme non avranno mostrato la loro efficacia, Berlino non si può, e non si vuole, impegnare più di tanto. Sono state in pratica abbandonate le richieste più pregnanti di intervento immediato: acquisti di titoli da parte della Banca centrale europea per calmierare lo spread e - a medio termine - eurobonds, pur nella forma limitata auspicata dal comitato tedesco dei consiglieri economici della Cancelleria. È stata ribadita l’’«irreversibilità dell’euro» ponendo a suo supporto due iniziative: a) un programma di crescita stimato in 130 miliardi di euro (un per cento del Pil dell’eurozona) e b) un’imposta (tassa è un termine non corretto) sulle transazioni finanziarie a breve. Le due iniziative devono essere precisate nei prossimi giorni, prima - è auspicabile - del vertice del 28-29 giugno. È difficile esprimere un’opinione se non se ne conoscono i contenuti. In particolare, occorre chiarire se e in che misura i 130 miliardi sono addizionali a quanto già iscritto a bilancio e dai singoli Stati dell’eurozona e dalla Commissione Europea (per fondi strutturali e fondi di coesione). Un esame veloce dei documenti di 'assestamento di bilancio' dei maggiori stati dell’are ­gli 'assestamenti' presentati in giugno in gran parte delle capitali ­mostra che almeno 110 miliardi per investimenti pubblici sono ancora disponibili in questo esercizio finanziario. A questa somma non è difficile aggiungere una ventina di miliardi di fondi strutturali e di coesione. Se non meglio precisata, quindi, la misura mirerebbe unicamente a velocizzare le procedure, piuttosto che a fornire risorse aggiuntive. A sua volta, la velocizzazione dipende da regole e prassi che non è facile cambiare nell’arco di pochi mesi. Occorre, poi, chiarire sia l’entità sia soprattutto l’ambito d’applicazione dell’imposta sulle transazioni finanziarie, il cui gettito verrebbe finalizzato alla ricapitalizzazione di banche in difficoltà. Lo stesso Tobin (il quale nel 1991 ha ripudiato l’imposta da lui proposta nel 1972, in quanto «di scarsa efficacia in un mercato finanziario integrato») ha precisato che «può funzionare come misura unilaterale di un solo Paese o area monetaria». La proposta presentata venerdì la include come misura di «cooperazione rafforzata», ossia tale da non includere tutti i 27. Se, però, anche un solo Stato dell’eurozona non la approva, equivarrebbe a limitare la libertà di movimento di capitali nell’area dell’euro e sarebbe una ferita, forse

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