giovedì 7 giugno 2012

Perché i giovani riempiono i Teatri di Berlino e non quelli italiani? in Il Sussidiario 8 giugno

Perché i giovani riempiono i Teatri di Berlino e non quelli italiani? Giuseppe Pennisi venerdì 8 giugno 2012 Immagine d'archivio (Infophoto) Approfondisci OPERA/ Nell'Attila di Verdi la bacchetta di Muti fa la differenza OPERA/ Quando il "belcanto" riporta i giovani a Teatro Nella capitale della Repubblica Federale Tedesca per un evento internazionale, un melofilo vagante come il vostro chroniqueur non poteva mancare di passare una delle serate, marinando le cene ufficiali ed entrando in uno dei tre maggiori teatri opera. Ha scelto la deliziosa Komische Oper, a pochi passi dalla Porta di Brandenburgo e nota perché anche lavori seri vengono allestiti in modo innovativo. Gran parte dell’edificio è stato distrutto durante la guerra e ricostruito in stile post-moderno da quella che allora si chiamava la Repubblica Democratica Tedesca; tuttavia, è rimasto (in parte ricostruito) l’auditorium in stile barocco prussiano. Il barocco prussiano viene richiamato nel foyer-bar del primo piano e moltiplicato da un gioco di specchi. Come gli altri due maggiori teatri d’opera di Berlino (la storica Staatsoper unter den Linden in quello che era l’est e la Deutsche Oper Berlin costruita negli anni cinquanta in quello che era l’ovest) , segue, come peraltro, gran parte dei teatri tedeschi e dell’Europa centrale, il sistema del “repertorio” non della “stagione”. In un teatro “di repertorio” c’è una compagnia stabile e gli allestimenti, se di successo, vengono replicati per diversi anni. La Komische Oper presenta ogni anno una dozzina ed una quindicina di riprese, per un totale di oltre 200 alzate di sipario. Rispetto agli altri teatri, che nei giorni in cui ero a Berlino presentavano opere italiane, mi attirava il fatto di poter vedere in lingua originale Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny (L’Ascesa e la Caduta della Città di Mahagonny) , l’unica opera in senso stretto (ossia interamente in musica con pochissimi numeri parlati) di Kurt Weill su libretto di Bertold Brecht. E’ un lavoro del 1930 che all’epoca destò tanto scalpore che i nazisti ne fecero bruciare tutte le copie della partitura; una, pare, venne trafugata negli Usa dove Weill e Brecht la misero in scena un’edizione in inglese. E’ un apologo dell’ascesa e del crollo del capitalismo che allora era molto più graffiante di oggi. Tre malviventi in fuga creano una città dove tutto è permesso tranne non avere denaro; la nuova città (Mahagonny) attira delinquenti , prostitute, avventurieri, cercatori d’oro, e via discorrendo; Jim Mahoney è condannato all’impiccagione non per avere assassinato e derubato ma per non avere saldato un debito di gioco; proprio il giorno dell’impiccagione un tifone spazza via Mahagonny ed i suoi abitanti. L’opera (per orchestra di media dimensioni e cantanti lirici) viene rappresentata di frequente non solo in Germania. La vidi un paio di volte in inglese negli Usa. Negli anni sessanta, in Italia fece scalpore un’edizione curata da Giorgio Strehler. Alcuni anni fa venne presentata dall’Opera di Roma in romanesco. Di recente il Napoli Teatro Festival la allestita in dialetto partenopeo. In effetti, soltanto nel 1988 è stata pubblicata un’edizione critica ed alla Komische Oper c’è l’opportunità di vederla ed ascoltarla. Lo spettacolo di Berlino segue puntualmente l’edizione critica (in tedesco) del 1988 e le istruzioni drammaturgiche di Brecht, ma scene e costumi sono portati ai giorni nostri. L’allestimento di Martin Hoff e Andreas Homoki risale al 2006 e viene replicato ogni anno. Spettacolo molto rodato e pieno di ritmo in cui i cantanti, specialmente il coro, sanno non solo recitare ma anche ballare. I tre atti vengono presentati in due parti; ciascuna con una scena unica (peraltro molto semplice). Tra le voci spicca Noemi Nadelmann nel ruolo di Jenny. Un buon sistema di sottotitoli, in varie lingue, aiuta a comprendere in un intreccio in cui in due ore si susseguono rapidamente ben 20 differenti quadri. Quello che più colpisce è la folla di giovani alla prima di questa ripresa (in scena dal 2 al 30 giugno). Abbigliamento molto casual facevano la fila in biglietteria per accaparrarsi biglietti scontati (i prezzi vanno da 80 a 10 euro a seconda dello spettacolo, della serata, della fila e della disponibilità poche ore prima dell’inizio). Alcuni avevano già visto lo spettacolo l’anno scorso o due anni fa. Commentavano, nell’intervallo, sfumatura nella regia, nella coreografia, nel canto, nell’orchestra. Li attirava più la messa in scena che una parabola ora per molti aspetti stantia. Quali le determinanti? Indubbiamente la cultura musicale diffusa sin dalle scuole elementari. Alla passione per il teatro in musica (e per gli spettacoli al chiuso in generale) forse contribuiscono anche le condizioni climatiche che non invitano ad attività all’aperto. Anche la Staatsoper unter den Linden e la Deutsche Oper Berlin hanno, in base a miei precedenti esperienze, un pubblico che si rinnova. Mentre in Italia si sono notate recentemente file vuote alla prima di un’opera così nota come La Bohème a Trieste ed alla quarta replica del Der Rosenkavalier al Maggio Musicale Fiorentino. Ed il pubblico ha in genere superato la cinquantina. © Riproduzione Riservata. ________________________________________

Nessun commento: