IL JAZZ SI ADDICE ANCHE A
ZARATUSTRA
Edizione
completa
Roma - Chi avrebbe mai immaginato che il
9 giugno l’enorme (2.800 posti) Sala Santa Cecilia del Parco della Musica a
Roma sarebbe stata piena di giovani in ogni ordine di posti (anche nelle
gallerie dietro l’orchestra). Non solo, la folla straripava in platea dove
alcuni sono rimasti in piedi. Grande successo, coronato da ovazioni da stadio e
da ben due bis. Tanto più insolito in quanto nei primi fine settimane di
giugno, i romani, specialmente le nuove generazioni, vanno al mare e non a
chiudersi in una sala dalle 17,30 ad oltre le 20 per l’ultimo concerto della
stagione sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. La miscela alla
base del successo del concerto (che, per chi trova posti, si replica l’11 ed il
12 giugno) è in due nomi: Stefano Bollani e Daniel Harding. Bollani, uno dei
più affermati pianisti jazz italiani: passa con disinvoltura dal blues alla
canzone d’autore, dai ritmi cariochi agli intervalli radiofonici o televisivi.
Harding non è più l’enfant prodige a cui Sir Simon Rattle affidò la direzione
del difficilissimo Pierrot Lunaire di Arnold Schönberg ad appena 16 anni e cui
nel 1998 Claudio Abbado concesse di alternarsi con lui al Festival di Aix en
Provence nella concertazione di un mitico Don Giovanni con cui Peter Brook
tornava alla regia lirica; ha, però, sempre l’inconfondibile braccio largo con
cui dà una tinta unica alla sonorità dell’orchestra.
Harding mancava dal 2005 dalla sinfonica di Santa Cecilia; speriamo di vederlo più spesso a Roma e di non dover correre a Aix o a Milano dove è spesso in buca. Abbiamo già ascoltato Bollani nel suo originale Gershwin, ma nell’ultimo concerto della stagione ha affrontato con grande perizia un classico del repertorio concertistico per pianoforte: il Concerto in sol di Maurice Ravel, forse il più misterioso tra tutti i compositori: inutile tentare di rintracciare nella sua musica un dettaglio che riveli umori e fatti privati del creatore di tanti capolavori assoluti e di adamantina perfezione. Ascoltando il suo spumeggiante e pirotecnico Concerto in sol, sembrerebbe impossibile che proprio durante la sua composizione a Ravel fu diagnosticata una malattia cerebrale che lo portò alla morte nel giro di nemmeno dieci anni. La malinconia affiora eventualmente nel dolcissimo Adagio assai centrale, ma nel primo e nel terzo movimento è tutto un vorticoso rincorrersi tra il piano e l'orchestra in un circo di ritmi e colori profumati dalle suggestioni del jazz, scoperto negli Stati Uniti durante un viaggio compiuto qualche anno prima dall'autore del celeberrimo Boléro
Perfetta l’intesa con Harding che in apertura ha concertato il celeberrimo Così parlò Zaratustra di Richard Strauss, il cui inizio dirompente colpì la fantasia di Stanley Kubrick che lo usò per commentare le suggestive scene del suo 2001 Odissea nello spazio e per concludere poi con le straordinarie trovate timbriche della Suite n. 2 di Daphnis et Chloé di Ravel. E ben due bis solistici di Bollani. Portare i giovani alla musica colta non è difficile: basta un programma come quello che si descritto. (ilVelino/AGV)
Harding mancava dal 2005 dalla sinfonica di Santa Cecilia; speriamo di vederlo più spesso a Roma e di non dover correre a Aix o a Milano dove è spesso in buca. Abbiamo già ascoltato Bollani nel suo originale Gershwin, ma nell’ultimo concerto della stagione ha affrontato con grande perizia un classico del repertorio concertistico per pianoforte: il Concerto in sol di Maurice Ravel, forse il più misterioso tra tutti i compositori: inutile tentare di rintracciare nella sua musica un dettaglio che riveli umori e fatti privati del creatore di tanti capolavori assoluti e di adamantina perfezione. Ascoltando il suo spumeggiante e pirotecnico Concerto in sol, sembrerebbe impossibile che proprio durante la sua composizione a Ravel fu diagnosticata una malattia cerebrale che lo portò alla morte nel giro di nemmeno dieci anni. La malinconia affiora eventualmente nel dolcissimo Adagio assai centrale, ma nel primo e nel terzo movimento è tutto un vorticoso rincorrersi tra il piano e l'orchestra in un circo di ritmi e colori profumati dalle suggestioni del jazz, scoperto negli Stati Uniti durante un viaggio compiuto qualche anno prima dall'autore del celeberrimo Boléro
Perfetta l’intesa con Harding che in apertura ha concertato il celeberrimo Così parlò Zaratustra di Richard Strauss, il cui inizio dirompente colpì la fantasia di Stanley Kubrick che lo usò per commentare le suggestive scene del suo 2001 Odissea nello spazio e per concludere poi con le straordinarie trovate timbriche della Suite n. 2 di Daphnis et Chloé di Ravel. E ben due bis solistici di Bollani. Portare i giovani alla musica colta non è difficile: basta un programma come quello che si descritto. (ilVelino/AGV)
(Hans Sachs)
11 Giugno 2012 16:07
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