mercoledì 6 giugno 2012
Senza il «salva-Madrid» salta il «taglia-debito» in Avvenire 7 giugno
Senza il «salva-Madrid» salta il «taglia-debito»
DI GIUSEPPE PENNISI
I l tallone d’Achille dell’eurozona è la Spagna, ancor più della Grecia. Lo si è avvertito in margine dei lavori del Consiglio della Banca centrale europea (Bce) del 5-6 giugno. E lo si tocca con mano negli affanni della diplomazia economica europea in vista del Consiglio dei Capi di Stato e di Governo in calendario il 28-29 giugno. Pochi numeri indicano la gravità della situazione : unicamente le insolvenze del settore edilizio nei confronti degli istituti di credito spagnoli assommano ad oltre 250 miliardi di euro (ben più del Pil dell’intera Grecia); le ultime stime sulle esigenze finanziarie per evitare alla Spagna un vero e proprio crac sono salite, in cinque settimane, da 200 a 400 miliardi di euro; la Bce è esposta per 125 miliardi di euro e, quindi, insiste che siano gli istituti a ricapitalizzarsi, ma questi ultimi fanno gran fatica a reperire fondi. Infine – ed è questo l’aspetto più grave – chi segue da presso l’evolversi della situazione ha l’impressione che tra Bce, Commissione Europea e Governi dell’eurozona, pare in atto il gioco dell’uovo e della gallina su chi deve intervenire prima. Il rischio molto forte è che la partita scappi di mano.
In questo contesto, si situano quelli che possono essere chiamati «danni collaterali» della crisi della Spagna e dell’eurozona la cui portata non è facile da valutare. Uno di questi è il possibile accantonamento, nel dibattito politico ed economico, degli schemi per ridurre lo stock di debito pubblico accumulatosi negli ultimi anni in molti Stati dell’Eurozona, anche a ragione di difficoltà degli istituti di credito nazionali e dei relativi interventi per impedirne il collasso. Questa è una delle sensazioni che il 5 giugno (proprio mentre iniziava la sessione del Consiglio Bce) si sono tratte da un seminario a porte chiuse tenuto al Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro nel corso del quale sono state discusse quasi una dozzina di proposte formulate in Italia da esperti italiani per ridurre quel fardello del debito pubblico sul Pil che vincola seriamente il potenziale di crescita del Paese. Tra i vari schemi particolarmente articolato quello delineato da Mediobanca Securities. In questo schema il patrimonio delle pubbliche amministrazioni (immobili e/o partecipazioni in aziende), fungerebbe da garanzia per l’emissione di nuovi titoli il cui ricavato sarebbe impiegato per ridurre il debito. Si introdurrebbe un effetto leva con il vantaggio di aumentare l’incasso a breve, ma al contempo si stabilizzerebbe l’esistenza del veicolo finanziario e si conserverebbero gli asset vincolati al suo interno. Secondo questa ed altre proposte, verrebbe, infatti, costituita – con criteri tali da tenerla fuori dal perimetro pubblico – una società veicolo (o se ne utilizzerebbe una esistente) che riceverebbe in dote da Stato ed Enti locali beni per un valore di un centinaio di miliardi di euro e, su questa garanzia, emetterebbe obbligazioni a lungo termine. Banche e assicurazioni sottoscriverebbero i titoli consegnando Btp che dal veicolo sarebbero trasmessi allo Stato a riduzione del debito. Di fatto un grande swap che consentirebbe alle banche di alienare a prezzo convenzionale titoli dai corsi ormai deboli e allo Stato di cancellare debito a valore facciale. Il veicolo rimarrebbe possessore degli asset e sarebbero possibili dismissioni in tempi favorevoli. Lo stesso autore dello schema afferma che sino a quando non si risolve il nodo del «salva-Spagna» è difficile che la sua e altre proposte per ridurre lo stock di debito nazionale vengano prese in considerazione. Aggravando, però, nel tempo la situazione.
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