lunedì 18 giugno 2012

Perché Berlino andrà ancora all’attacco di Atene in Avvenire 19 giugno


Perché Berlino andrà ancora all’attacco di Atene l’analisi

Non solo calcio, la partita infinita tra i tedeschi e l’Ellade monopolizzerà i prossimi giorni


DI GIUSEPPE PENNISI

L a Germania è inalbera­ta con la Grecia (per u­sare il lessico che si im­piega di fronte alle signore). Per questo farà pochissime concessioni alle richieste (in materia di tassi d’interesse, di allungamento delle sca­denze, di ammorbidimento dell’austerity ) che verranno presentate dalla delegazione ellenica al Consiglio dei capi di Stato e di Governo dell’U­nione europea tra dieci gior­ni. All’interlocutore italiano al n.97 di Willehlmastrasse dove, a pochi passi dalla Por­ta di Brandeburgo, ha sede il ministero Federale delle Fi­nanze, viene mostrato un do­cumento recente della Ban­ca d’Italia: si intitola 'Temi di Discussione' n.830. Un raffi­nato modello econometrico dimostra che nella Repub­blica Federale riforme che hanno ridotto del 15% le ren­dite (ossia i sovraprofitti di mercati 'chiusi' come quel­lo dei taxi o generosi pensio­namenti in età ancora giova­ni) hanno nell’arco di sette anni generato un aumento del 9% del Pil (rispetto ad u­no scenario 'senza riforme'). Misure analoghe – dimostra il documento – avrebbero a­vuto effetti ancor più forti in Paesi come la Grecia, il Por­togallo o l’Italia. In breve: 'Professore, si taccia!'. Alla squadra di calcio tedesca in allenamento per la sfida con la Grecia in programma per venerdì 22 è stato dato un chiaro indirizzo: «Attaccate!». Alla Grecia – aggiungono al­ti dirigenti del dicastero (i cui nomi, per evidenti ragioni, non possono essere citati mentre si sta aprendo un nuovo negoziato) – non è mancata la solidarietà euro­pea. Viene sciorinato uno studio del Cesifo, autorevole centro privato di ricerche di Monaco di Baviera: tra ero­gazioni e impegni finanziari, Atene ha avuto aiuti pari a 575 miliardi di euro (oltre il doppio di un anno di Pil), mentre nei quattro anni del Piano Marshall la Germania del dopoguerra ne ha ricevu­to un totale pari al 2% di quattro anni di Pil. Il docu­mento aggiunge: «il suppor­to dell’Europa e del Fondo monetario internazionale al­la Grecia è stato equivalente a 115 volte quello del Piano Marshall alla Germania, un terzo è stato a carico dei con­tribuenti tedeschi e non si ve­dono ancora le riforme es­senziali per la crescita». Se i 575 miliardi fossero stati in­vestiti bene, la Grecia non a­vrebbe un debito sovrano di 357 miliardi di euro, pari a due volte e mezzo quello dell’Argentina quando Buenos Aires dichiarò l’insolvenza (in pratica il falli­mento) e svalutò drastica­mente la moneta (allora ag­ganciata al dollaro).

Hans-Werner Sinn, uno de­gli economisti tedeschi più ascoltati non solo in Patria ma anche negli Usa, aggiun­ge: «Stiamo violando i prin­cipi di 'responsabilità' e di 'rispetto degli accordi' su cui si basa l’economia di merca­to ». Precisa: «Se i Piigs (Por­togallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna) non rimborsasse­ro i prestiti già ottenuti e l’Eu­rozona sopravvivesse, l’Era­rio tedesco perderebbe 899 miliardi di euro; se non rim­borsassero e l’euro sparisse, la perdita per i tedeschi arri­verebbe a 1.350 miliardi di euro, oltre il 40% del Pil». Quindi, occorre evitare ulte­riori cattivi esempi .«Inter­venti aggiuntivi – dice Wilhelm Hankel, a lungo pro­fessore a Bologna – potreb­bero fare dilatare queste ci­fre e gettare nel baratro l’in­tera Europa». Ossia non con­vengono a nessuno. Neanche ai greci.

Oltre a questi aspetti econo­mici, ce n’è uno giuridico non secondario. Nel motivare la propria decisione, la Corte Suprema Tedesca ha per­messo la ratifica dell’accor­do sul Salva Stati in quanto misura temporanea. Ove il Trattato di Maastricht venis­se emendato per prevedere supporto strutturale di lun­go periodo (in aggiunta ai fondi Ue già previsti per tut­ti i 27) agli Stati dell’Eurozo­na in difficoltà, non solo il processo di ratifica sarebbe lungo e complesso, ma ver­rebbe probabilmente consi­derato incostituzionale dalla Corte che siede a Karlsruhe. L’euro è come una bicicletta: chi lo ha voluto deve pedala­re duro per non cadere.

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Nei documenti riservati si legge che «il supporto internazionale al Paese è stato pari a 115 volte quello ricevuto dalla Germania con il Piano Marshall»

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