Gli spettri
aprono il sipario del Festival di Spoleto
di Giuseppe
Pennisi
Da cinque
anni Giorgio Ferrara si è impegnato a fondo nel rilancio del Festival di
Spoleto, ora alla 55° edizione (29 giugno-15 luglio). In scena quest'anno due
opere, una dozzina di concerti, tre balletti e nove spettacoli di prosa.
Spoleto deve fronteggiare una dura concorrenza: la strada è tutta in salita.
Il lavoro
inaugurale è Il giro di vite di Benjamin Britten, su libretto di Mayanny Piper.
Tratto dal racconto di Henry James e commissionato dalla Biennale di
Venezia, ebbe alla Fenice la prima mondiale nel 1954. Di recente si sono viste due
edizioni, con regia rispettivamente di Luca Ronconi e Luc Bondy, e lo
spettacolo sarà a Bologna la prossima stagione. I due atti di 50 minuti e otto
scene ciascuno sono come uno specchio: a ogni scena del primo atto ne
corrisponde una analoga nel secondo in cui la tonalità musicale è rovesciata o
duplicata con un leggero mutamento. L'organico è ridotto all'osso: 13
orchestrali e sette voci. Le singole rapide scene danno il senso dell'avvitarsi
della spettrale vicenda fino alla tragica giaccona finale. Il tema perdita
dell'innocenza e del riscatto finale è inserito in un contesto in cui i
corruttori dei due adolescenti protagonisti sono ormai fantasmi.
Perfetta la
resa musicale dei sette interpreti e del complesso dell'Orchestra Verdi di
Milano, guidato da Johannes Debus. La regia di Ferrara e le scene di Guido
Quaranta si ispirano al quadro di Böcklin sull'isola dei morti, idea utilizzata
recentemente per lavori molto differenti come il Macbeth di Verdi e Arianna a
Nasso di Strauss. La recitazione è studiatamente lenta. Manca sia il clima
vittoriano dell'edizione di Ronconi sia il passo incalzante alla Hitchcock di
quella di Bondy. (riproduzione riservata)
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