L’Aquila riprende il volo con l’opera low cost
DI GIUSEPPE PENNISI
I l cento storico de L’Aqui¬la riparte dell’opera. Non nella bella sala del Tea¬tro Comunale, costruito nel¬la seconda metà dell’Otto¬cento, ancora inagibile dal terremoto del 2009. Ma nel ridotto del teatro con un dit¬tico di due opere low cost
prodotto da Accademia Fi¬larmonica Romana, Amici della Musica di Foligno e I¬stituzione Sinfonica Abruz¬zese. La 'prima' è in pro¬gramma a Roma giovedì al Teatro Olimpico; la 'prima' abruzzese a L’Aquila sabato. I lavori sono Partita a pugni .
«un dramma da concerto in un’introduzione e tre rounds» di Vieri Tosatti (composto nel 1952, ma e-seguito per la prima volta nella versione per piccola orchestra del 1964) e la can¬tata ferroviaria del trenten¬ne Riccardo Panfili, Freccia¬rotta ,
in prima esecuzione assoluta. Cast di livello: Car¬lo Riccioli, Max René Cosot¬ti, Daniela Mazzucato. L’Or¬chestra Sinfonica Abruzze¬se è diretta da Marcello Bu¬falini, il Coro Zaccaria da Te¬ramo da Paolo Speca. Mar¬co Zannoni cura l’allesti¬mento scenico (essenziale) ed è in palcoscenico come attore.
Partita a pugni tratta di un match di boxe in una pale¬stra popolare romana, Frec¬ciarotta degli (attualissimi) ritardi di Eurostar mentre Trenitalia viene acquistata da una società ferroviaria russa guidata da una mana¬ger tutta d’un pezzo. Due mini-opere low cost: poco più di un anno fa Avvenire a¬nalizzò come questa è la strada presa da molte città Usa per salvare la lirica. Benjamin Britten l’aveva teorizzata e praticata già 60 anni fa. In Italia, alcuni com¬positori (come Gilberto De¬raco , Marcello Filotei, Nico¬la Sani) la stanno perse¬guendo. È terreno naturale per la produzione di teatro in musica innovativo da par¬te di associazioni private.
Ripartendo dalla lirica, il centro storico de l’Aquila ha precedenti importanti. Le storie del Piano Marshall ri¬cordano che, nell’immedia¬to dopoguerra, il Borgoma¬stro di Vienna presentò la ri-costruzione della Staatsoper come l’opera più urgente. Venne preso, sulle prime, a sberleffi ma il Piano Mar¬shall finanziò gli ultimi lotti del progetto quando ci si re¬se conto che Vienna stava ri-nascendo attorno al 'suo' teatro, i cui lavori venivano sostenuti da contributi pri¬vati e da un’imposta comu¬nale di scopo. Un interes¬sante studio di Olivier Falck (dell’Ifo, il maggior centro di ricerca economica della Re¬pubblica Federale), Michael Fritsch (dell’università di Je¬na) e di Stephan Heblich (del Max-Planck-Institut) ana¬lizza, in tersmini rigorosa¬mente quanitativi, come in 29 aree tedesche, l’esistenza di un teatro d’opera è stata essenziale alla crescita per¬ché ha comportato, da un la¬to, una concentrazione di capitale umano (lavoratori specializzati, musicisti, or¬chestrali, cantanti) e, da un altro, un’apertura al resto del mondo (tramite le compa¬gnie impiegate). Il capitale umano attira altro capitale umano, forma reti di capita¬le sociale ed avvia e sostiene il processo di sviluppo. Con la cultura, si mangia.
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