sabato 25 febbraio 2012

LA MISSIONE OCSE IN ITALIA E IL MERCATO DEL LAVORO in Il Velino 25 febbraio

LA MISSIONE OCSE IN ITALIA E IL MERCATO DEL LAVORO
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Roma - “Ammorbidire la protezione del lavoro sui contratti standard”. Lo dice l’Ocse all’Italia. L’Italia “non ha ancora intrapreso azioni significative” ma sta “considerando una riforma del mercato del lavoro, mirata ad ammorbidire le tutele sui contratti standard” con “una riforma welfare per migliorare la rete di sicurezza per i disoccupati”.

La missione Ocse in questi giorni in Italia è, per molti aspetti, un adempimento di routine. La sua tempistica, però, è stata studiata accuratamente (ed anche la lunga intervista dell’Amministratore Delegato della FIAT, Sergio Marchionne al ‘Corriere della Sera’): un assist al Governo Monti il cui decreto “Cresci Italia” rischia di impantanarsi in Parlamento e la cui riforma del mercato del lavoro minaccia di venire annacquata da veti reciproci”.

“Ridurre le barriere legislative alla concorrenza” in diversi settori, tra cui “le professioni, il commercio al dettaglio e i servizi locali”. Lo consiglia l’Ocse all’Italia, nel suo rapporto annuale sulla crescita. Il decreto varato a dicembre 2011, sottolinea l’Organizzazione di Château de la Muette, “introduceva misure per liberalizzare il commercio al dettaglio”, ma queste misure “possono essere in parte sorpassate dalle politiche territoriali delle autorità regionali”. Il Governo, scrive ancora l’Ocse, “ha introdotto misure significative per liberalizzare le professioni liberali e i servizi di trasporto”. Sta ora al Parlamento non travisarle o, peggio ancora, neutralizzarle.

L’attuazione delle riforme strutturali può mitigare l’impatto della crisi – sostiene l’Ocse - evitando che la disoccupazione resti “su livelli strutturali” e contribuire a rilanciare “più’ velocemente” il mercato del lavoro. “Un’ampia e ambiziosa agenda di riforme potrebbe portare per i paesi Ocse a una crescita annua del Pil fino all’1%, in media, nei prossimi 10 anni”. Le riforme possono rendere la ripresa “più’ sostenibile e più’ equa”.

Tutte le ipotesi in campo (in materia di mercato del lavoro) partono dall’assunto che i lavoratori considerati atipici (tempo determinato, co.co.pro, e simili) sono prevalentemente giovani vengono delineati percorsi per dare loro un accesso graduale ad un regime di stabilità. Una strada prevede un rapporto di lavoro unico a tempo indeterminato, ma caratterizzato da un primo periodo di protezione solo indennitaria per i licenziamenti per motivi economico-organizzativi (crisi, ristrutturazione dell’azienda) Il secondo è articolato su una flessibilizzazione limitata della tutela contro il licenziamento per motivi economico-organizzativi: un periodo di franchigia allungato fino al massimo di un anno, seguito da un regime di mera incentivazione ad un accordo economico tra le parti per la cessazione del rapporto. Il terzo contempla la possibilità di prima assunzione con un contratto a termine di durata non inferiore a tre anni fruibile dallo stesso lavoratore presso imprese diverse: dunque sperimentazione con il lavoratore a termine, purché sia un esperimento serio. Il primo assetto ricorda molto il passato . Il secondo le regole per il mercato del lavoro ora in vigore in Germania. Il terzo quelle che sta adottando la Francia. Il secondo ed il terzo assetto possono essere in vario modo combinati tra loro. Hanno anche il vantaggio (non secondario) di assicurare a chi ha cominciato a lavorare dopo la riforma delle pensioni del 1995 assegni previdenziali più consistenti di quelli che si possono stimare oggi sulla base di interruzioni di periodi di lavoro, di versamenti contributivi a regimi previdenziali differente ed a regole molto rigide per totalizzare quanto si è contribuito.

L’Ocse non prende posizione esplicita in materia di regole per il funzionamento del mercato del lavoro (se ne occupa l’Organizzazione internazionale del lavoro, Oil) ma non cela preoccupazione rispetto all’ipotesi di tornare al passato o di restare immobili: un mercato del lavoro rigido potrebbe riportare l’Italia di una luna recessione.

In secondo luogo, sono imbarazzanti i dati sui rendimenti dell’istruzione – campo in cui l’Ocse ha fatto lavori pioneristici sin dagli Anni Sessanta. I suoi esperti hanno letto con attenzione un libro appena uscito Istruzione Formazione e mercato del lavoro: I rendimenti del capitale umano in Italia” curato da Andrea Ricci ma frutto del lavoro di numerosi suoi colleghi dell’Isfol (Naticchioni, Devicienti,Piacentini, Croce, Mandrone), istituto con 600 dipendenti ed un Presidente-a-vita i cui studi, quando ottimi, vengono portati a conoscenza di pochi. Sono stati attirati dall’impianto quantitativo del libro, basato su microdati provenienti dal mondo sia del lavoro sia delle imprese. Lo studio conclude che nel mercato del lavoro italiano declinano i rendimenti salariali e occupazionali dell’istruzione, c’è una debolezza strutturale della domanda di lavoro qualificato, un legame “interrotto” tra investimento in istruzione e mobilità sociale, una relazione negativa tra contratti a termine (ovvero instabilità lavorativa e un disincentivo ad accumulare capitale specifico da parte dei lavoratori) e profitti delle imprese. Secondo lo studio, il problema dell’economia reale in Italia è soprattutto il declino della produttività, la natura del sistema delle imprese e della classe imprenditoriale (mediamente vecchia e poco istruita), non le supposte rigidità del mercato del lavoro. (ilVelino/AGV)
(Giuseppe Pennisi) 25 Febbraio 2012 13:38

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