L'INTERVISTA/ Daniel Kawka: ecco perché Boulez ci porta dritti a Wagner
INT.
Daniel Kawka
giovedì 16 febbraio 2012
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Giovane (sulla quarantina), francese di nascita, ma d’origine mitteleuropea. Daniel Kawka è uno degli astri della bacchetta internazionale. Sua caratteristica è che viene dalla musica contemporanea – allievo di Pierre Boulez, ha fondato lui stesso un noto complesso – L’Ensemble Orchéstral Contemporain e un Festival di musica contemporanea – ma è approdato a Wagner e ai grandi classici del romanticismo. Anzi, alterna la contemporaneità più avanzata (tra breve dirigerà a Bolzano la Prima mondiale dell’ultimo lavoro del compositore italiano Marcello Filotei) – con partiture anche tradizionali.
Appena nominato direttore principale dell’Orchestra Regionale della Toscana, è spesso in Italia. Ospite delle più prestigiose orchestre europee, tra cui l’Orchestre Philharmonique de Radio-France, Orchestre National de Lyon, de Lille, des Pays de la Loire, Orchestre National de France, Orchestra Nazionale Russa, Orchestre Philharmonique de Liège, Orchestra Sinfonica di Varsavia, Orchestre de la Suisse Romande, Orchestra Nazionale della Rai di Torino, Orchestra Sinfonica di Milano “Giuseppe Verdi”, Ensemble Intercontemporain, London Sinfonietta e dei più importanti festival musicali (a Parigi, Roma, Brighton, Dublino, Varsavia, Budapest, Mosca, Montreal, San Paolo, Seul ecc.), ho conversato con lui durante una sosta a Bologna dove era impegnato nella stagione sinfonica del Teatro Comunale e il prossimo anno dirigerà un nuovo allestimento di “Parsifal” per le celebrazioni del bicentenario della nascita di Wagner.
«Porto in me l’amore per la drammaturgia wagneriana, anche da prima della mia passione e della mia frequente esecuzione di musica contemporanea. In effetti, il mio “Tristano e Isotta” (che ha diretto con grande successo a Givevra ndr) ha avuto un’eco considerevole nella scena musicale europea e mi posto nella traiettoria giusta per questo repertorio a cui sono affezionato, dandomi l’opportunità di concepire per il nuovissimo teatro dell’opera di Digione un intero “Anello del Nibelungo” (in programma la prossima stagione ndr).
Il “Parsifal” diretto da Wolfgang Sawallisch alle Chorégie d’Orange” è stata l’esperienza decisiva che mi ha portato a scegliere la carriera di direttore d’orchestra. La tensione temporale, la drammaturgia e la poesia dei tempi musicali hanno sempre rappresentato per me l’essenza della musica. A cavallo tra due culture – l’Europa centrale per le mie origini (la famiglia si è trasferita in Francia dalla Polonia da tre generazioni ndr) e la Francia – è naturale che la scelta si sia orientata verso la musica wagneriana – e per estensione quella di Mahler e Strauss – e la musica francese contemporanea. La prima è densa di pathos, tesa, espressiva di un mondo che si sta fondendo. La seconda è chiara, trasparente, sensibile, basata su un lavoro primordiale delle sonorità. Amo visceralmente la sonorità dell’orchestra – da Wagner ai nostri giorni. Non dimentico però le sensazioni che offre Jimi Hendrix».
Ha concertato con numerose orchestre italiane, pensate di tornare a Roma dove si ricorda ancora il vostro “Tannhauser” di circa due anni e mezzo fa?
La mia prossima stagione sarà ancora molto italiana non soltanto per l’impegno con l’Orchestra Regionale della Toscana, ma perché sarò tre volte a Firenze per continuare l’integrale di Brahms, alla guida dell’Orchestra della Rai a Torino, al Festival Berliz, al MiTo ed ad altri concerti sinfonici prima del Parfisal a Bologna.
Come mai è così presente in Italia?
Amo la cultura italiana. Da prima di cominciare la mia carriera di maestro concertatore e direttore d’orchestra, ho una rete di stretta amicizie con compositori italiani come Battistelli, Botter, Fedeli, Sani, Solbiati e tanti altri. Inoltre, ho una simpatia profonda per le vostre orchestre e questo modo latino, impegnato ed ardente di fare musica in cui mi riconosco pienamente.
Da musicista cosa pensa dei finanziamenti pubblici per la sinfonica e l’opera in Francia e in Italia?
Un disastro. Un disimpegno vertiginoso dello Stato da qualche anno. Non lo si spiega solo con la crisi economica e finanziaria. Spero che in Italia il Governo in carica darà vigore, vitalità e priorità politica alla musica.
La cultura è il bastione d’intelligenza condivisa, di emozioni che occorre salvaguardare a qualsiasi costo. Un’apertura all’arte per tutti porta non solo sogni ma aiuta a conciliare i contrasti anche sociali. In Francia, la cultura è stata sempre considerata un’eccezione, ma ora orchestre e teatri vedono diminuire i loro finanziamenti.
(Giuseppe Pennisi)
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