mercoledì 1 febbraio 2012

Il miracolo tedesco? Parte dal lavoro in Avvenire 2 febbaraio

l’analisi Il miracolo tedesco? Parte dal lavoro


DI GIUSEPPE PENNISI

N ella grande crisi ini¬ziata nella seconda metà del 2007, la Germania rappresenta in Eu¬ropa un caso a sé stante il Pil è tornato a livelli pre-crisi e il tasso di disoccupazione sfio¬ra il 6%. Non solo: il numero di coloro che ricevono varie forme di sussidi di disoccu¬pazione è diminuito e la pro¬duttività del lavoro ha supe¬rato i tassi calcolati per Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Giappone (vedi grafico a fianco). Il numero di lavora¬tori a tempo parziale, poi, sui quali si sta discutendo in que¬ste ore in Italia, è passato dai 2 milioni nel 1999 ai 200mila dell’ultima conta.

A tirare fuori la Germania dal¬la recessioni è stata innanzi¬tutto l’industria manifattu¬riera (al netto delle costru¬zioni) e le attività primarie (dell’agricoltura e della pe¬sca), mentre il terziario (in¬cludendo anche banche e fi¬nanza) ha segnato il passo.

Un vero 'miracolo economi¬co', come sostengono alcuni autori ricordando che nel 1990, al momento della riu¬nificazione, e della stesura dell’«Agenda 2010» per l’U¬nione Europea la Germania veniva chiamata «il malato d’Europa»? Oppure – come sottolineano Ulf Rinne e K¬lauss Zimmermann dell’Isti¬tuto tedesco di studi sul lavo¬ro in un’analisi appena pub¬blicata a Norimberga – «un miracolo del mercato del la¬voro »? L’analisi di Rinne e Zimmer¬mann sottolinea che a trai¬nare la riorganizzazione dei settori produttivi tedeschi so¬no state le riforme del mer¬cato del lavoro (e del sistema previdenziale) attuate tra il 2002 ed il 2005, quando i so¬cialdemocratici ed i verdi e¬rano al governo, grazie ad u¬na coalizione illuminata di sindacalisti e di imprendito¬ri. Queste riforme hanno, in primo luogo, rafforzato il si¬stema 'duale' tedesco di for¬mazione ed istruzione in ba¬se al quale i programmi pre¬vedono esplicitamente pe¬riodi di lavoro in azienda che vengono valutati al pari di tut-te le altre materie per passa¬re da una classe all’altra. In secondo luogo, è stata intro¬dotta una grande flessibilità all’interno delle imprese: nel¬le fase più dure della crisi si sono ridotte le ore di lavoro, cambiati i turni, modificate le mansioni per salvaguardare i livelli di occupazione ed au¬mentare efficienza e produt¬tività. In terzo luogo, si sono resi più stringenti i requisiti per fruire di ammortizzatori sociali. Inoltre, mentre il re¬sto d’Europa si arrabattava ad aumentare tasse per fare qua¬drare i conti, il Governo della Repubblica Federale adotta¬va due programmi espansio¬nistici (36 miliardi di euro nel 2009 e 47 miliardi di euro nel 2010) articolati su riduzioni tributarie specialmente alle famiglie (aumentando le de¬duzioni per ciascun figlio, nonché quelle per spese me¬diche) al fine di tenere eleva¬ta la domanda interna men¬tre con la ristrutturazione del¬l’industria per l’export si lan-ciava alla conquista di nuovi mercati.

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Rafforzato il sistema duale di formazione e istruzione e introdotta maggiore flessibilità in azienda

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