Un Beethoven mozartiano è la sfida romana al Mi.To di Giuseppe Pennisi
Da quando, in settembre Milano e Torino sono trascinate dal MiTo, a Roma l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia organizza quasi in parallelo un festival tematico a prezzi molto contenuti prima di dare avvio alla stagione vera e propria a metà ottobre. Dopo due festival dedicate al bel canto, è iniziata il 2 settembre un'integrale delle sinfonie di Beethoven che durerà sino al 24 settembre.
Il vero e proprio tour de force è stato affidato a un direttore ospite, Kurt Masur, che appartiene alla scuola direttoriale tedesca dei Furtwängler, Klemperer e Karajan. Anche per averne ascoltato esecuzioni a Berlino e a Lipsia, oltre che a Roma (dove è di tanto in tanto ospite), ci si sarebbe aspettato una conduzione fortemente drammatica, quasi impetuosa. Invece il passare degli anni non solo fa sì che Masur sembri toccato da eterna giovinezza, pur sprizzando patriarcale autorevolezza, ma ne ha anche addolcito lo stile. All'inizio del festival ha presentato un Beethoven raffinato e cameristico, quasi mozartiano: lo si è notato specialmente all'esecuzione della seconda sinfonia, colma di echi del Flauto Magico. La quarta e la quinta avranno verosimilmente toni intimistici e l'afflato epico de L'Eroica verrà smussato per dare corpo ad una cronaca degli eventi dell'epoca. Nella nona, nonostante l'Inno alla gioia Masur scaverà nella profonda insoddisfazione di Beethoven, che sembra chiedere a Dio perché non si accorga dell'infelicità che affligge da sempre l'umanità. (riproduzione riservata)
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