ECO - *Le tute blu al viale del tramonto
Roma, 29 set (Il Velino) -
La magistratura non ha accolto le richieste della Fiom rivolte a fare tornare sulle linee produttive i tre licenziati a Melfi. È un segno isolato o si pone in più vasto consenso del declino delle tute blu e del loro peso politico- sociale? È interrogativo che merita di essere posto poiché se la risposta è positiva, ciò vuole anche dire che sono velleitari i tentativi di fare un “patto sociale” per la ripresa tra forze produttive (imprenditori-sindacati) , lasciando fuori dalla porta il Governo.
I dati sono impietosi. La Monthly Labor Review, sulla base di un’elaborazione effettuata nel 2006, conclude che il tasso di sindacalizzazione nell’Unione Europea è passato dal 38 per cento del totale degli occupati nel 1970 al 26 per cento nel 2002; oggi secondo stime, sfiorerebbe il 20 per cento. In Francia si è al di sotto dell’8 per cento. In Gran Bretagna del 25 per cento ed in Germania del 20 per cento. I dati relativi all’Italia non sono considerati attendibili perché mancando una legge sulla rappresentanza, c’è chi è iscritto a più sindacati (spesso senza neanche saperlo). In Europa Orientale, si è passati dal 90 per cento prima del crollo del muro di Berlino a meno del 10 per cento secondo le stime più recenti. Uno studio della Fondazione Europea per lo Studio delle Condizioni di Vita afferma che in 22 dei 24 Paesi censiti nei cinque anni precedenti il 2008, il tasso di sindacalizzazione ha subito un forte declino. Un’inchiesta di Sarah Morris e Gavin Jones in corso di pubblicazione in questi giorni nei servizi speciali Reuters aggiunge che alla contrazione numerica si accompagna una perdita di credibilità. Per questo motivo, ad esempio, la protesta contro il programma di austerità ha fatto scendere in piazza solo 12mila persone rispetto al milione che nel 2001 ha manifestato contro il progetto di cambiare l’età pensionabile. Oppure nonostante fonti sindacali stimano in 1-2 milioni di persone coloro che hanno dimostrato in Francia due settimane fa contro la riforma delle pensioni, si è trattato di una sola giornata non delle tre settimane che paralizzarono il Paese a metà Anni Novanta. In Gran Bretagna c’è stato uno sciopero di 24 ore rispetto alla riduzione del personale della metropolitana- nulla di analogo alle maxi proteste anti Thathcher degli Anni Settanta ed Ottanta. La perdita di credibilità, oltre che di popolarità – afferma uno studio spagnolo - dipende dal fatto che le confederazioni sono percepite tutelare chi ha un rapporto di lavoro a tempo indeterminato non la crescente massa di “flessibili” e di “partite Iva”.
In Italia, il problema riguarda principalmente la Cgil che ormai pare sul percorso del proprio crepuscolo. Una nuova sconfitta potrebbe avere, per la confederazione, esiti simili a quelli che la battaglia di Sedan ebbe, nel 1870, per il Secondo Impero francese : dimostrerebbe a tutto campo che la Cgil non è stata in grado di effettuare un cambiamento tale da riflettere quelli dell’economia, dell’occupazione e della società. La sentenza su Melfi potrebbe essere se non la nuova Sedan, l’annuncio che la débacle non è così lontana. Nell’Italia del Terzo Millennio, la Cgil mostra di considerare i metalmeccanici la propria àncora e la propria avanguardia, nonostante da oltre 30 anni due terzi degli occupati siano nei servizi, non nel manifatturiero. È un crepuscolo triste e grave su cui deve riflettere la nuova dirigenza del sindacato.
È triste perché nei lontani Anni Cinquanta, la Cgil fu il sindacato che mostrò di meglio avvertire il cambiamento e di spostare la propria attenzione dall’agricoltura all’industria, trasformandosi da voce dei braccianti a espressione degli operai. È grave perché è difficile congetturare quale spazio e quale ruolo avrà la Cgil nel futuro del dialogo sociale dell’Italia. I servizi – specialmente le pubbliche amministrazioni che predominano nel terziario - hanno trovato da lustri rappresentanza nella Cisl, nella Uil, nella Ugl e nella Cisal.
(Giuseppe Pennisi) 29 set 2010 20:12
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