CHI TEME DI PERDERE I BENEFICI E CHI SCOMMETTE SULLA STABILITA’
Giuseppe Pennisi
Chi ha paura di Basilea III, l’accordo il cui negoziato si sta completando questo fine settimana? In primo luogo, quelle grandi banche (principalmente americane, britanniche, francesi e tedesche) al centro di operazioni spericolatenegli ultimi vent’anni e di salvataggi , a spese dei contribuenti, negli ultimi tre. Perché il resto del sistema bancario è nervoso? Basilea III comporta un aumento del rapporto tra capitale degli istituti (definito in vari modi) ed operazioni ed ulteriori guarantigie in anni di vacche grasse (per fare fronte a quelli di vacche magre senza correre da Pantalone); di conseguenze, pure le banche ben gestite non avranno più gli elevati Roe (Return on Equity, rendimenti sui mezzi propri) degli anni della “grande moderazione” (incrementi continui dell’economia reale, bassa inflazione). Non c’è il rischio che a pagare il costo aggiuntivo saranno i consumatori- dai correntisti alle imprese? Molto dipende dalle normative nazionali che verranno varate per applicare l’accordo e di come le autorità di regolazione e vigilanza sulla concorrenza e sulla solidità bancaria faranno il loro lavoro. Ciò, a sua volta, è funzione di come i consumatori pungoleranno Parlamenti ed autorità indipendenti. Chi saranno i beneficiari di Basilea III? Se le norme ed i regolamenti derivanti dall’accordo (e, quel che più conta, la loro attuazione) saranno all’altezza delle aspettative, il sistema bancario mondiale sarà più stabile , con vantaggi per tutti (pure per gli stessi istituti oggi alle prese con timori e tremori). Come spiegare allora le tensioni di questi giorni? Da un lato, gli operatori economici tendono ad essere tendenzialmente “miopi”: si soffermano sui costi della transizione e li proiettano quasi all’infinito, senza tenere conto dei benefici “a regime”. Da un altro canto, per alcune categorie, quali le banche pubbliche dei Länder tedeschi, i costi saranno molto elevati in quanto abituate da sempre a bassa capitalizzazione. Da un altro ancora, pur se le norme applicative dell’accordo saranno in vigore tra diversi anni, è già iniziata la corsa agli aumenti di capitale. Ciò potrebbe, nel breve e medio periodo, essiccare risorse che sarebbero potute andare a nuovi investimenti.
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