mercoledì 8 settembre 2010

RIGOLETTO FINANZIARIO Il Foglio del 9 settembre

RIGOLETTO FINANZIARIO

Giuseppe Pennisi
Alla vigilia della diretta del “Rigoletto” mondovisivo (un miliardo e mezzo di spettatori) “nei luoghi ed alle ore” della vicenda, nuove polemiche sullo stato di quella forma di spettacolo che, in Italia, contribuì all’Ottocento (e quindi al movimento d’unità nazionale) tanto quanto, in molti altri Paesi, fece il genere letterario del romanzo. Zubin Mehta, concertatore del “Rigoletto” mondovisivo, ha accusato il Governo di affossare la cultura. Il Ministro Bondi ha replicato che l’Esecutivo sta tentando di porre riparoe a decenni di mala gestione.
In effetti, c’è il pericolo che nel 150nario dell’Unità d’Italia, molti teatri chiudano i battenti. Il “Carlo Felice” di Genova, dopo un lungo commissariamento, ha funzionato per alcuni mesi, ma personale e masse artistiche sono in cassa integrazione sino a fine 2010; del “dopo” nessuno sa nulla. Il San Carlo di Napoli è commissariato da circa tre anni grazie ad una norma speciale (il commissariamento dura , di solito, sei mesi). Pare che il Teatro dell’Opera di Roma, appena uscito dal commissariamento e che dovrebbe avere un ruolo centrale nelle celebrazioni per il 150nario, sia alle prese con un nuovo disavanzo. I “teatri del Maggio Musicale” fiorentino hanno annunciato un programma di “riprese” (nessun nuovo allestimento) sino a dicembre: il nuovo Sovrintendente,una giovane ingegnere chiamata dal MiTo, vuole vederci chiaro prima di prendere impegni per il 2011. Gran parte dei cartelloni presentati per la stagione 2010-2011 sono al risparmio: rare le nuove produzioni, si punta sul tradizionale (il cui pubblico ha spesso l’età per riflettere più sui teatri dell’altro mondo che su quelli di questo), pochissimi (La Scala, Palermo) propongono “prime mondiali”. Il cane si morde la coda: il pubblico scarseggia perché non solo la musica non è di casa né nelle scuole né nelle famiglie, ma si propone vecchiume. I costi medi superano di gran lunga, le medie europee. Non necessariamente per colpa di Governi “cinici e bari” restii ad aprire i cordoni della borsa.
La “legge Bondi”, approvata da pochi mesi, mira alla riduzione dei costi del personale amministrativo e delle masse. E’ un prima passo. Il secondo, i regolamenti d’attuazione, ora in fase di elaborazione, potrebbe indurre il management dei teatri a comportamenti virtuosi, imponendo un aumento della produzione e richiedendo coproduzioni per il 70% degli spettacoli. Si dovrebbe prevedere premialità per le fondazioni che producono molto e bene (a giudizio di una commissione internazionale) e chiusura di quelle che producono poco e accumulano debiti, nonché l’ applicazione rigorosa della normativa per i dipendenti (con sanzioni per chi salta le prove per secondi lavori). Inoltre, si dovrebbe a) introdurre il principio del matching grant (chi ottiene più finanziamenti privati , ha più finanziamenti pubblici, mentre oggi l’apporto pubblico viene spesso ridotto a chi attira quello privato),b) costituire un corpo di ballo nazionale che operi in vari teatri , a seconda delle esigenze, c) rivedere le piante organiche per allinearle gli standard Ue (a parità di produzione. Altrimenti, si finirà con pochi teatri (La Scala, il Regio di Torino, il Massimo di Palermo, il Lirico di Cagliari che funzionano bene) e l'Opera di Roma (per ragioni di rappresentanza- la Capitale della Patria della Lirica avrà sempre un teatro d'opera).
Non mancano esempi (spesso poco conosciuti) di “storie di successo”. Due sono nel Sud. Negli ultimi cinque anni il Massimo di Palermo (un tempo un pozzo senza fondo) chiude i consuntivi in attivo, rimborsa un maxi-mutuo contratto con una banca internazionale per rifinanziare lo stock di debito, aumenta la produzione, vende i propri spettacoli all’estero, ha un programma per i giovani. Ha risanato i conti anche Cagliari, ma tagliando drasticamente la produzione lirica e dando maggiore spazio alla sinfonica ed alla cameristica.
Altro esempio, l’”opera da camera” a costi contenuti (la proponevano Britten e Menotti). Da cinque anni, è la strada seguita dalla Sagra Malatestiana a Rimini, dove si è appena gustata Die Weise von Liebe und Tod des Cornets Christoph Rilke (Il Canto d’amore e morte dell’alfiere Christoph Rilke), del poeta Rainer Maria Rilke, nella versione musicale di Viktor Ullman e Frank Martin. Spettacolo struggente (seguito con passione da pubblico giovane) realizzato ad un costo di € 15.000 per rappresentazione. L’anno scorso a Rimini presentò la prima mondiale di Kafka Fragmente di György Kurtàg ad un costo di €20.000 per rappresentazione. Lo ripropone il Romaeuropa Festival in un nuovo allestimento il cui costo –si dice – è pari a tre volte quello dello scorso anno . Da augurarsi: o una smentita o un taglio del contributo pubblico.

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