lunedì 20 settembre 2010

Opera, a Palermo è il momento del “precario” di Siviglia Il Velino 20 settembre

CLT - Opera, a Palermo è il momento del “precario” di Siviglia


Roma, 20 set (Il Velino) - Una lettura giovane e nuova sotto tutti i punti di vista del “Barbiere di Siviglia”. La propone fino al 26 settembre a Palermo il Teatro Massimo con un allestimento destinato a girare in Italia e all’estero. Ricordiamo brevemente la trama della pièce di Beaumarchais. Bartolo, medico di una certa età, vuole impalmare la giovane, bella e ricca Rosina di cui è tutore, ossia, rifacendoci al clima dell’epoca, di cui è protettore-amante da qualche tempo. Il desiderio di portarla a nozze non è tanto di carpirne una cospicua eredità (non se ne parla mai) ma perché vede giovanotti di bella presenza, e pure con il portafoglio pieno, ronzare attorno alla ragazza con l’intenzione di portargliela via. In effetti, la fanciulla ha messo gli occhi su un attraente studente (si dichiara tale, ma è un contino donnaiolo di chiara fama). Con l’aiuto di un barbiere tuttofare Figaro, specialmente se c’è denaro in vista, il giovanotto assume varie vesti (oltre a quelli di studente, indossa i panni di militare e di prete insegnante di musica) per entrare nella barricatissima abitazione di Bartolo, corteggiare la ragazza ed essere lui a sposarla, per poi tentare di tradirla (come si vede nella seconda puntata della trilogia) con la cameriera ma essere dalle due donne beffato.

A fine Settecento, la pièce di Beaumarchais aveva una certa carica rivoluzionaria: il “Terzo stato” Figaro metteva ordine nei pasticci di clero, aristocrazia decadente e borghesia emergente. Messa in musica dall’anziano Giovanni Paisiello diventò un’elegante e delicata commedia sentimentale. Pochi anni più tardi, al giovane Gioacchino Rossini venne chiesto di musicarla nell’arco di una settimana. Nelle mani di Rossini, “teocon” davvero reazionario ma “bonvivant” e pieno di amanti già a 24 anni, diventò frizzante come il lambrusco e brillante come la cucina romagnola. Riconosciuta come una delle quattro maggiori commedie in musica dell’Ottocento, “Il Barbiere” continuò ad avere strepitoso successo anche quando imperversava il melodramma verdiano e quasi tutti i lavori rossiniani erano finiti nel dimenticatoio. E’ ancora oggi una delle opere più frequentemente rappresentate.

Nello spettacolo in scena al Massimo, Figaro è un “precario” che mette le sue doti al servizio dei potenti sia al tramonto (Don Bartolo, Don Basilio) sia emergenti (il giovane Conte d’Almaviva e, soprattutto, la pepata Rosina). Cerca, come tutti i “precari”, un posto fisso. E lo otterrà. Al servizio di Almaviva che, come sapremo dal proseguo della vicenda, tenterà di portare nel proprio letto la sua fidanzata, restandone, però, scornato di fronte all’universo mondo. Nell’allestimento palermitano, l’intreccio non viene portato ai giorni nostri, come si farebbe (disponendo di un cast giovane) in Germania. La vicenda è ambientata all’inizio dell’Ottocento, ma di un Ottocento come lo vedrebbe Mirò (scene di Angelo Cantù, costumi di Marja Hoffmann) e come lo metterebbe in scena Almodovàr (la regia è di Francesco Micheli). Siviglia ha colori sfavillanti e l’eros sprizza da ogni muro, da ogni parete e da ogni mobile; le scene sono in materiale leggero per facilitare le tournee. I costumi, in sgargiante shantung di seta, di Figaro (in rosso), di Almaviva (blu) e di Rosina (in giallo) contrastano con il nero di quelli di Don Bartolo e Don Basilio. Una volta liberata dai lacci del tutore, Rosina mostra gli artigli di una proto femminista che darà filo da torcere ad Almaviva. In breve, una lettura nuova che non tradisce lo spirito (e la lettera) del libretto e dello spartito, ma ne mostra i lati più moderni.

Data la gerontocrazia della regia lirica italiana, il trentottenne Francesco Micheli può essere considerato ancora giovane. Gli aspetti musicali sono affidati a cinque giovani: concerta con entusiasmo ed allegria il trentenne Michele Mariotti. Hanno solo qualche anno più di lui lo scatenato Figaro di Fabio Maria Capitanucci e l’atletico (anche vocalmente) Dmitry Korchak. Ventottenne la bella e brava Ketevan Kemoklidze che, di fatto, debutta in Italia dopo avere vinto il concorso Operalia. Loro coetaneo, ma truccato da anziano, Nicola Alaimo (Don Bartolo) mentre Don Basilio è il cinquantenne Simone Alaimo. Uno spettacolo piacevolissimo a cui si può fare solo un appunto: perché è stata seguita la tradizione di tagliare l’ultima impervia aria del tenore (“Cessa di più resistere” )? Korchak ha la stoffa per cantarla (anche se è piena di “Do” e di acuti). E’ vero che la ha reintrodotta Blake una decina di anni fa dopo circa due secoli in cui nessuno osava cantarla. Ma in un “Barbiere” di questa levatura ce la saremmo aspettata.

(Hans Sachs) 20 set 2010 11:21

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