Gianandrea Gavazzeni era non solo un musicista, un musicologo ed un superbo direttore d’orchestra (raffrontate il suo “Simon Boccanegra” in cd con la tanto celebrata edizione di Abbado) ma soprattutto un uomo di buon senso. Amava ripetere che Verdi viene celebrato tutte le sere di ciascun anno in molteplici teatri dei cinque continenti; a fronte di questo festival ininterrotto ormai da più di 150 anni, cosa può fare un Festival con la “F” maiuscola intitolato al Maestro di Busseto? Per questa ragione, aggiungeva, i numerosi tentativi di organizzare, a Parma e dintorni, il “Festival Verdi” con la “F” maiuscola non hanno mai avuto un grande esito. Occorre ammettere che da quando Mauro Meli (sovrintendente) e Yuri Termikanov (direttore musicale) sono alla guida del Teatro Regio si è cercato di dare una sferzata e di fare diventare Parma “capitale europea della musica”. Meli viene dalla guida di Ferrara Musica, il Lirico di Cagliari e la Scala, Termikanov da quella della Filarmonica di San Pietroburgo. Hanno tracciato un programma mirato a mettere in scena tutte e 27 le opere di Verdi in edizioni “esemplari” entro il 2013 (secondo centenario dalla nascita del compositore) quando verrebbero varate in un cofanetto di DvD da diffondere in tutto il mondo all’insegna di un “made in Parma” che per molti vorrebbe dire “made in Verdi”.
Un progetto del genere comporta naturalmente collaborazioni internazionali, tournée e supporto pubblico e privato. Richiede anche una certa “esclusiva” (come i marchi Chanel e Yves St Laurent). Tale “esclusiva” è l’opposto del festival continuo evocato da Gavazzeni. L’attuazione del progetto è iniziata circa cinque anni fa. Le collaborazioni internazionali e le tournée non sono mancate. Il supporto locale è stato vivace e, dall’amministrazione centrale dello Stato, l’Arcus (la Spa del Mef , Ministero dell’Economia e delle Finanze, e del Mibac, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, per il sostegno della cultura) ha concesso un finanziamento straordinario (che, all’epoca, ha irritato Sovrintendenti di altri teatri). La crisi economica e finanziaria internazionale, però, ha colpito le entrate dell’erario; ne hanno sofferto, quindi, i fondi per lo spettacolo, la stessa Arcus si trova a corto di risorse e gli sponsor locali fanno fatica a vendere i loro prodotti (meccanica, agro-alimentare). Il “Festival” con la “F” maiuscola è in calendario dal primo al 28 ottobre, ma ha due sole opere complete in cartellone (“I Due Foscari” e “Nabucco”), molte in versione Bignami e concerti. Busseto è irritata perché, per la prima volta in decenni, il suo delizioso teatrino non ospita un’opera. Inoltre, “I Due Foscari” è un allestimento già visto a Bilbao e Trieste; “Nabucco” arriva in una produzione che gira di dieci anni e nel 2008 ha fatto tappa a Reggio Emilia. Protagonista di ambedue i lavori , il quasi settantenne Leo Nucci. Si parla di “Festival Nucci”, piuttosto che di “Festival Verdi”. La “F” con la maiuscola ha il sapore un po’ beffardo del titolo di una commedia di Edoardo, Peppino e Titina (De Filippo).
Come se ciò non bastasse , dal 3 al 16 ottobre al Teatro Comunale di Firenze è in corso un contro-festival: le tre opere “popolari” (“Rigoletto”, “Trovatore”, “Traviata”) presentate in repertorio – in tre giorni si vedono tutte e tre. Affidate ad unico regista (Franco Ripa di Meana), noto per allestimenti a basso costo ma densi di idee, schierano tre maestri concertatori di rango (Stefano Ranzani, Massimo Zanetti, Andrea Callegari), un cast internazionale di livello (Alberto Gazale, Desirée Rancatore, Stuart Neill, Kristine Lewis, Andrea Rost, Franco Vassallo, Saimur Pirgu) e prezzi popolari (dai 50 ai 20 euro). Infine, il colpo basso: l’intera intrapresa viene portata a Reggio Emilia, in terra verdiana, nell’elegante Teatro Romolo Valli.
Gavazzeni certamente, dall’Alto, sorride con quella ironia che lo ha sempre connaturato. Si pongono, però, questioni di politica musicale, di come si declina il coordinamento-competizione tra chi abbraccia “la musa bizzarra e altera”, la musica lirica. Le sedi per coordinarsi e massimizzare i benefici da una spesa sempre più ristretta. Il primo ottobre se ne parlerà, a Milano, in un seminario all’Istituto Bruno Leoni. E’ da augurarsi che sia l’inizio di un dibattito serio tra chi ama la musa bizzarra e altera ma è cosciente dei vincoli finanziari. E dell’improrogabile riforma del Fondo unico per lo spettacolo (Fus).
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