martedì 15 settembre 2009

KAFKA SUL PALCO Il Foglio 16 settembre

In settembre, si scatena, l’”assalto alla diligenza” sulla finanziaria tanto in Italia quanto in gran parte dei Paesi Ue .Il mondo variopinto dei teatri in musica è quello che forse più di altri alle proteste accompagna i pianti. Sarà il senso del melodramma nel Dna della “musa bizzarra e altera”, così un musicologo tedesco chiamò anni fa la lirica. Sarà la rassegnazione in seguito ai “tagli” del passato. Sarà che, nelle “coulisses” dello stesso Ministero responsabile del Fus (il veicolo per le sovvenzioni ai teatri) albergano (da tre lustri) “residui di cassa” in “contabilità speciali”, limitando l’azione nei confronti di chi ha il cordone della spesa.
Il vostro “chroniqueur” è stato sedotto dalla “musa bizzarra e altera” quando era adolescente. Non si associa al coretto a cappella non solamente perché, come dice il proverbio americano, boys do not cry (“i ragazzi non piangono”) ma poiché è convinto che la “musa” sarà sempre più nei guai se non riduce i propri costi (troppe risorse finiscono in belletti e maschere facciali) e non attira il pubblico giovane. In reve, “la musa bizzarra e altera” deve ricominciare a sedurre i ragazzi nell’età che plasma i gusti. E’ riuscita a farlo in Europa centrale, in Nord America, in Estremo Oriente, nelle Isole britanniche. Perché non prova in Italia dove è nata per iniziativa di giovani (la Camerata Bardi) colti ma anche dediti ai piaceri della buona cucini, dei buoni vini e della carne?
Uno strumento sarebbe fare circolare le produzioni low-cost che da quattro anni, proprio in settembre, mentre vengono intonate le lamentazioni, sono allestite alla Sagra Melatestiana a Rimini. La prima è stata Diario di uno scomparso di Leoš Janàcek, posta in scena come un’opera con una propria integrità, un allestimento tanto più efficace quanto più “povero”. Ha seguito La Bellezza ravveduta nel Tempo nel Disinganno di Georg Händel : chi poteva pensare che un oratorio moralizzante (di tre ore) su libretto del Cardinal Pamphili potesse interessare i giovani di oggi? Era già successo a Zurigo. A Rimini, è stato portato ai giorni nostri : una cena (quattro cantanti, un piccolo complesso strumentale) durante il quale si svolge un delicato gioco di coppie. L’anno scorso è stata la volta di Water Passion di Tan Dun, di cui “Il Foglio” ha trattato: una scarna passione secondo Matteo dove live electronics è integrata da musica di elementi naturali- acqua, pietre. Ora sono è in scena Kafka Fragmente composto da György Kurtàg , uno dei maggiori compositori viventi che alla Biennale di Venezia 2009 riceve il Leon d’Oro alla carriera. E’ un’opera lirica che richiede solo un soprano (Sara Allegretta a Rimini) ed una violinista (Jeanne-Marie Conquer). Dura 50 minuti ed è strutturata in otto “scene” e quattro parti. Kurtág afferma che il luogo adatto per rappresentarla è una qualsiasi strada- “un’opera da strada”. Il regista Denis Krief ha scelto un cantiere aperto nel semi-distrutto complesso degli agostiniani, corredandolo con proiezioni di incisioni di Kubin e di immagini di film dei tempi di Kafka e di Kurtág. Le quattro parti (ciascuna frase viene da lavori giovanili di Kafka) esprimono i timori ed i tremori del giovane di fronte alla “folla cittadina”. E’ immediato il riferimento al romanzo “Amerika”. Non ne è, però, una riduzione. György Kurtàg sfiora Kafka, prelevando poche frasi e riportando tutto ad una drammaturgia che interviene sulle parole, sulle sillabe, sulle vocali. Spettacolo affascinante che attrae giovani ed il cui budget sfiora i 20.000 euro non gli oltre 2 milioni di euro che, pare, è costata la recente messa in scena della rossiniana Zelmira al Rof.
Richiede un teatro di dimensioni contenute. Sarebbe perfetto per la Piccola Scala, se esistesse ancora. Per il Goldoni di Firenze (raramente utilizzato). Per il Teatro Studio del Parco della Musica, per il Palladio, per il Nazionale a Roma. Per il Teatro delle Celebrazioni a Bologna. Per il Politeama a Napoli. Per gli splendidi teatri di Umbria, Marche e Toscana (restaurati di recente a spese dei contribuenti). Cosa fanno le fondazioni e gli enti preposti di fronte a alta qualità a costo basso (e mirata ad un nuovo pubblico)? Se si lamentano, la risposta può solo essere: Boys do not cry

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