lunedì 3 ottobre 2016

MANOVRA/ Così Renzi dà il via al "piano B" per la flessibilità in Il Sussidiario 3 ottobre



MANOVRA/ Così Renzi dà il via al "piano B" per la flessibilità
Pubblicazione: lunedì 3 ottobre 2016
Carlo Calenda (LaPresse) Carlo Calenda (LaPresse)
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La legge di bilancio referendaria pare scappata di mano al Presidente del Consiglio. Con il termine si intende una legge di bilancio piena di regalini a questo e a quello (dei vari gruppi di pressione che lo sostengono) da farsi approvare dalla Camera (con una “mezza intesa” dell’Unione europea sulla flessibilità) alla vigilia del referendum. L’Ue ha fatto orecchie da mercante, e non lo ha neanche invitato alla riunione dei grandi su questi temi; lo ha tenuto fuori dalla porta come si fa con i discoli. Soprattutto, il ministro dell’Economia e delle Finanze, Prof. Pier Carlo Padoan, ha prodotto un aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def) basato su previsioni dell’andamento dell’economia reale meno ottimistiche di quelle degli ultimi tre anni, sempre smentite sia dalla realtà effettuale delle cose, sia dai principali centri previsionali internazionali. Tali centri completeranno le loro elaborazioni tra una settimana-dieci giorni.
Tuttavia, già adesso Ocse e Fmi hanno fatto capire che un incremento dell’1% del Pil per il 2017 è difficilmente raggiungibile, tanto più che è in vista una forte turbolenza mondiale in cui chi è fragile e fortemente indebitato rischia di brutto. Quindi, per quel che se ne ha da sapere, la legge di bilancio, di cui Padoan ha primaria responsabilità, sarà più asciutta di quanto palazzo Chigi avrebbe voluto: Non c’è trippa per gatti, come il Cav. Benito Mussolini disse a Giacomo Puccini, che gli aveva presentato un piano per rilanciare la lirica italiana nel mondo.
Ove ciò non bastasse, lo stesso Ing. Carlo De Benedetti - ritenuto, a torto o a ragione, uno dei poteri forti che, brechtiamente parlando, avrebbe favorito l’irresistibile ascesa di Matteo Renzi - ha preso le distanze da palazzo Chigi ed espresso timori per la situazione economica e la tempesta internazionale in arrivo. Quindi, Renzi pare aver compreso che sul fronte Def e legge di bilancio c’è poco da sperare al fine di incidere sul voto referendario. Dato che i sondaggi indicano un divario di dieci punti percentuali a favore del No (ma un terzo degli elettori è indeciso), il Presidente del Consiglio si è buttato a capofitto nella battaglia referendaria.
Non ha lasciato, però, solo a Padoan la contesa con l’Ue. È sceso in campo anche il ministro per lo Sviluppo Economico (ed ex Rappresentante Permanente presso le istituzioni europee), Carlo Calenda. Il “piano B” prevede che nei fatti il muscoloso Calenda assuma parte del ruolo del professorale Padoan. La tattica è stata enunciata in una lunga intervista al Corriere della Sera del primo ottobre. La difesa dei negoziati commerciali internazionali, nella prima parte dell’intervista, è ineccepibile, con l’eccezione del passaggio in cui, dimenticandosi forse che l’Italia è uno dei firmatari del Trattato dell’Organizzazione mondiale del commercio, Calenda vorrebbe che venissero ratificati dal Parlamento europeo e non, come abbiamo stipulato, dai Parlamenti nazionali; altra occasione per farci accusare di essere sciatti einaffidabili in quanto non teniamo fede alle nostre stesse firme.
La seconda parte dell’intervista è una riproposizione della flessibilità renziana. La proposta è di non contabilizzare ai fini dei parametri Ue su rapporto tra indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e Pil, le tax expenditures (13 miliardi di incentivi) a favore delle imprese per ricerca e sviluppo e gli investimenti pubblici incrementali (una cifra che potrebbe essere elevatissima dato che la spesa in conto capitale è quasi rasoterra). Il tutto condito da assicurazioni sul freno alla spesa di parte corrente e raggiungimento di quell’equilibrio strutturale di bilancio che c’eravamo impegnati a realizzare nel 2014.
Nonostante il Ministro Calenda abbia energia da vendere, credo che a Bruxelles troverà un muro. E anche un’inchiesta per appurare quanti di quei 13 miliardi di incentivi sono da considerarsi “aiuti di Stato” in trasgressione con la normativa comunitaria. Prima di andare troppo avanti, sarebbe bene che Calenda si consultasse con il Sen. Monti, il quale di “aiuti di Stato”, se ne intende.


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