La politica croce e delizia di chi innova
L’inchiesta sulle “idee per riaccendere l’Italia”, e
sull’innovazione e le vere e proprie eccellenze , inducono a chiedersi se e
come “la politica industriale” possa contribuire ad accelerare il rinnovamento.
Per decenni, una linea di pensiero ha ritenuto che l’intervento dello Stato
potesse non incoraggiare ma addirittura frenare l’innovazione: in un volume del
1972 (“Il Governo dell’industria in Italia”, il Mulino 1972) definiva la
pubblica amministrazione in supporto dell’innovazione «impicciona» e «pasticciona
». A un giudizio quasi analogo si giunge dalla lettura di un recente volume di
Franco Debenedetti. Il titolo è eloquente: “Scegliere i vincitori, salvare i
perdenti: l’insana idea della politica industriale” (Marsilio, 2016). Un punto
di vista differente è quello di Salvatore Zecchini, presidente del Comitato
Piccole e Medie Imprese dell’Ocse e vice segretario generale Ocse, nonché
direttore esecutivo del Fondo monetario: “La politica per l’innovazione in
Italia: criticità e confronti” (Centro Studi Impresa Lavoro, 2016). Il volume
confronta gli interventi, da un lato con la realtà del fare innovazione in
Italia, e dall’altro lato con le politiche e strategie attuate dai Paesi di
maggior successo ed indica misure specifiche per chiudere le falle: a) dare al
pubblico il ruolo di coordinatore e facilitatore; b) stimolare ricerca e
innovazione in azienda; c) creare un contesto favorevole all’innovazione; d)
sviluppare la domanda di R& I sia privata sia pubblica; e) rendere più
efficaci le modalità d’intervento e di finanziamento; f) potenziare la
valutazione economica degli interventi. Per ciascuno di questi temi vengono
declinati provvedimenti puntali che saranno presto oggetto di un dibattito a
Roma.
Giuseppe Pennisi
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