FINANZA E POLITICA/ La lettera pericolosa per Renzi
e l'Italia
Pubblicazione: lunedì 24 ottobre 2016
LaPresse
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La Legge di
stabilità 2017 sarebbe dovuta giungere alla Camera, e all’Unione europea, il 20
ottobre scorso. Invece, si spera che a Montecitorio arrivi oggi. Le discussioni
in corso con l’Ue avvengono sulla base di slides e appunti, sconcertando
numerosi dei nostri interlocutori. Lo sconcerto è ancora maggiore perché il
palco dell’Ue viene utilizzato anche per smentire l’operato di un Ambasciatore
d’Italia presso una prestigiosa organizzazione internazionale; la pubblica
smentita ha dato adito al ministro degli Esteri e della Cooperazione
Internazionale di rilasciare una lunga intervista al Corriere della Sera
in cui il responsabile della Farnesina documenta che il Presidente del
Consiglio discetta di cose di cui non sa. Nel contempo pare che parte della
manovra (ad esempio, la tassazione dei contanti e il futuro di Equitalia) stia
cambiando mentre l’elaborato va in stampa. Il Governo non ci fatto una buona
figura.
Il Presidente
del Consiglio, tuttavia, pare baldanzoso, poiché è stato convinto da uno dei
suoi consiglieri di avere un asso della manica: dopo la Brexit, l’Italia ha
senza dubbio aumentato il proprio peso specifico in seno all’Ue, ma ciò non
vuole dire che Roma sia too big to fail (troppo grande da non farla
fallire e in grado di farle fare il bello e cattivo tempo nell’Ue). La storia
recente ci racconta che non lo era neanche Lehman Brothers nel panorama della
finanza degli Stati Uniti. Anche e soprattutto perché i nostri partner sono
convinti che l’asso nella manica è poco più di un bluff: nell’arco di poche
settimane, il Governo si è inimicato la dirigenza pubblica - il Consiglio di
Stato ha presentato un “parere” di oltre 150 pagine sul decreto legislativo
Madia di cui si profilano anche aspetti di incostituzionalità - e la diplomazia
- con le rapide sostituzioni di Rappresentanti permanenti presso l’Ue e le
accuse infondate a un proprio Ambasciatore. Senza l’apporto attivo della
dirigenza pubblica e della diplomazia, qualsiasi asso nella manica è quello che
non porta a fare né poker, né scala reale. In pratica, è un asso che si
nasconde sotto i gemelli di una camicia inamidata, ma che non serve a nulla.
Non sappiamo ancora se funzionerà la strategia Ue di giungere a modifiche
degli aspetti centrali della Legge di bilancio (in particolare del disavanzo e
dei suoi impatti sul debito) utilizzando la moral suasion. Ciò - mi fa
notare un alto funzionario della Commissione europea - richiede buone maniere
da ambedue le parti. Altrimenti - aggiunge un delegato tedesco - l’Italia se ne
andrà per la sua strada, seguendo prima o poi la Gran Bretagna o la Grecia.
Indubbiamente, la Commissione e gli Stati che contano in seno all’Ecofin non
sono nella condizione di cedere sui parametri essenziali del Trattato di
Maastricht. Hanno già fatto ampie concessioni sul Fiscal compact avendo
permesso all’Italia, di anno in anno, di posporre quell’equilibrio strutturale
di bilancio che si era impegnata a raggiungere nel 2014, varando a tal fine
anche una legge costituzionale rinforzata. Nel contempo, una lettera “di suggerimenti” è in fase di stesura; se arrivasse nei prossimi giorni, aggraverebbe la posizione del Governo Renzi non solo in materia di referendum, ma anche e soprattutto rispetto alle reazioni dei mercati internazionali. Cosa conterrebbe questa lettera? Un’indicazione dell’urgenza di ridurre la spesa di parte corrente, l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e il rapporto tra stock di debito pubblico e Pil. Nonché una vera e propria ricusazione delle misure una tantum (i vari condoni che si annidano nelle slides e negli appunti presentati in attesa del testo definitivo della legga di bilancio). Si impiegherebbe un linguaggio differente da quello della lettera che nell’autunno 2011 segnò la fine del Governo Berlusconi, ma la sostanza sarebbe analoga. Seguire i “suggerimenti” vorrebbe dire scontentare numerose richieste fatte da gruppi di pressione in cambio (dicono i maligni) di appoggio al referendum.
All’inizio del
Novecento, George Bernard Shaw scrisse un bellissimo play The Doctor’s
Dilemma in cui un medico ospedaliero è di fronte al dubbio se salvare,
con una dose sola di un nuovo farmaco rivoluzionario, un suo vecchio amico o il
marito della donna di cui è innamorato. Nel suo viaggio elettorale in tutta
Italia, il Presidente del Consiglio farebbe bene a portarlo con sé per leggerlo
in treno, in aereo e nelle residenze dei Prefetti. Saprebbe come va a finire. E
l’arguzia di G.B. Shaw gli darebbe qualche buona idea.
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