L’analisi.
Pensioni e giovani, bisogna favorire il terzo pilastro
È in corso di messa a punto un nuovo 'aggiustamento'
della riforma della previdenza della primavera 1995.
Secondo le statistiche si tratta del 22° o del
28° 'aggiustamento'. I numeri variano a seconda delle definizioni; in alcuni
casi si è trattato di modesti ritocchi ed altri di vere riforme. Hanno quasi
tutte riguardato la previdenza pubblica, mentre la riforma del 1995 ipotizzava
che le pensioni degli italiani si sarebbero gradualmente rette su un solido
sgabello a tre gambe (come è prassi degli altri Paesi. Tanto più che in anni di
bassa crescita economica, bassa inflazione, bassa produttività, i 'montanti'
individuali della previdenza pubblica daranno prestazioni modeste che dovranno
essere integrate da quelle che si avranno dalle altre due gambe dello sgabello
pensionistico. Secondo alcune analisi, gli 'aggiustamenti' in cantiere possono
consentire di anticipare il pensionamento, ma minacciano di facilitare evasione
ed elusione contributiva. Rendendo più fragile la gamba 'pubblica'. La seconda
gamba è costituita dai fondi pensione. C’è stato un balzo nel 2015, quando gli
iscritti a forme di previdenza integrativa hanno raggiunto quota 7,2 milioni
con un aumento del 12,1% sul 2014. La crescita è dovuta soprattutto al boom dei
fondi contrattuali (+24,4%), dovuta all’iscrizione automatica prevista dal
contratto degli edili. Sono, però, aumentati anche coloro che hanno interrotto
il versamento dei contributi, in pratica un quarto degli iscritti. L’adesione
alla previdenza complementare registra valori molto contenuti per le classi di
età più giovani. L’età media degli aderenti è di 44,6 anni. Risulta iscritto a
una forma pensionistica complementare solo il 18% dei lavoratori con meno di 35
anni. Il tasso di partecipazione arriva quasi al 24% per i lavoratori nella
classe di età compresa tra 35 e 44 anni e sale al 30% per quelli tra i 45 e i
64 anni. La seconda gamba, quindi, rischia di non raggiungere l’obiettivo di
dare un reddito adeguato alle fasce di età giovani, la cui previdenza pubblica
sarà interamente contributiva. Tra le ragioni per la bassa adesione due sono
significative: gli alti livelli dei contributi obbligatori (in quanto una
generazione si sta accollando i due sistemi – quello contributivo e quello
retributivo – ed il vasto numero di 'fondi' (circa 600), molti dei quali,
troppo piccoli per diversificare, costituiti essenzialmente da titoli di Stato
(un modo 'costoso' per avere in portafoglio titoli di Stato in quanto occorre
retribuire il fondo in quanto gestore).
La terza gamba, quella di previdenza puramente
individuale, non è quasi decollata, tranne che nelle fasce di reddito più
elevate. Si potrebbe però attuare anche da noi quanto sta avendo successo in
altri Paesi: titoli senza cedole a lungo termine – lo scorso maggio il Tesoro
spagnolo ne ha collocati 3 miliardi di euro (la richiesta era per 9) di titoli
a cinquant’anni – che al termine della vita lavorativa possono dar luogo ad un
buon montante con cui integrare la previdenza pubblica ed il fondo pensione.
Titoli pubblici a 50 anni (con finalità previdenziali) sono stati emessi la
primavera scorsa in Francia e Belgio; sempre in Belgio ed in Irlanda ne sono
stati emessi anche a 100 anni. Possono essere molto flessibili con versamenti
modulabili secondo il reddito familiare. Un modo moderno per sostituire il
libretto postale che i nonni aprivano alla nascita di un nipotino.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
È in corso di messa a punto un nuovo 'aggiustamento'
della riforma della previdenza della primavera 1995.
Secondo le statistiche si tratta del 22° o del
28° 'aggiustamento'. I numeri variano a seconda delle definizioni; in alcuni
casi si è trattato di modesti ritocchi ed altri di vere riforme. Hanno quasi
tutte riguardato la previdenza pubblica, mentre la riforma del 1995 ipotizzava
che le pensioni degli italiani si sarebbero gradualmente rette su un solido
sgabello a tre gambe (come è prassi degli altri Paesi. Tanto più che in anni di
bassa crescita economica, bassa inflazione, bassa produttività, i 'montanti'
individuali della previdenza pubblica daranno prestazioni modeste che dovranno
essere integrate da quelle che si avranno dalle altre due gambe dello sgabello
pensionistico. Secondo alcune analisi, gli 'aggiustamenti' in cantiere possono
consentire di anticipare il pensionamento, ma minacciano di facilitare evasione
ed elusione contributiva. Rendendo più fragile la gamba 'pubblica'. La seconda
gamba è costituita dai fondi pensione. C’è stato un balzo nel 2015, quando gli
iscritti a forme di previdenza integrativa hanno raggiunto quota 7,2 milioni
con un aumento del 12,1% sul 2014. La crescita è dovuta soprattutto al boom dei
fondi contrattuali (+24,4%), dovuta all’iscrizione automatica prevista dal
contratto degli edili. Sono, però, aumentati anche coloro che hanno interrotto
il versamento dei contributi, in pratica un quarto degli iscritti. L’adesione
alla previdenza complementare registra valori molto contenuti per le classi di
età più giovani. L’età media degli aderenti è di 44,6 anni. Risulta iscritto a
una forma pensionistica complementare solo il 18% dei lavoratori con meno di 35
anni. Il tasso di partecipazione arriva quasi al 24% per i lavoratori nella
classe di età compresa tra 35 e 44 anni e sale al 30% per quelli tra i 45 e i
64 anni. La seconda gamba, quindi, rischia di non raggiungere l’obiettivo di
dare un reddito adeguato alle fasce di età giovani, la cui previdenza pubblica
sarà interamente contributiva. Tra le ragioni per la bassa adesione due sono
significative: gli alti livelli dei contributi obbligatori (in quanto una
generazione si sta accollando i due sistemi – quello contributivo e quello
retributivo – ed il vasto numero di 'fondi' (circa 600), molti dei quali,
troppo piccoli per diversificare, costituiti essenzialmente da titoli di Stato
(un modo 'costoso' per avere in portafoglio titoli di Stato in quanto occorre
retribuire il fondo in quanto gestore).
La terza gamba, quella di previdenza puramente
individuale, non è quasi decollata, tranne che nelle fasce di reddito più
elevate. Si potrebbe però attuare anche da noi quanto sta avendo successo in
altri Paesi: titoli senza cedole a lungo termine – lo scorso maggio il Tesoro
spagnolo ne ha collocati 3 miliardi di euro (la richiesta era per 9) di titoli
a cinquant’anni – che al termine della vita lavorativa possono dar luogo ad un
buon montante con cui integrare la previdenza pubblica ed il fondo pensione.
Titoli pubblici a 50 anni (con finalità previdenziali) sono stati emessi la
primavera scorsa in Francia e Belgio; sempre in Belgio ed in Irlanda ne sono
stati emessi anche a 100 anni. Possono essere molto flessibili con versamenti
modulabili secondo il reddito familiare. Un modo moderno per sostituire il
libretto postale che i nonni aprivano alla nascita di un nipotino.
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