Quanto è vasto il sommerso in Italia?
La vastità dell’economia sommersa in
Italia è un interrogativo che si pongono in molti, soprattutto da
quando, diversi anni fa, uno studio Ocse stimò l’economia sommersa (ed
illegale) in Italia pari a circa un terzo del Prodotto
interno lordo (Pil). Un contributo utile viene dal Dipartimento del
Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze con il paper di
Cecilia Morvillo “Evoluzione delle determinanti dell’economia sommersa:
analisi panel di regioni italiane” (NT) No1/2016.
Il lavoro è volto ad analizzare
empiricamente la relazione esistente tra l’economia sommersa e alcune
variabili esplicative. A tal fine si dispone di dati panel riguardanti
le 20 regioni italiane con 12 osservazioni annuali comprese
tra il 2001 ed il 2012, per un totale di 240 osservazioni. Nel paper
l’economia sommersa viene identificata con il tasso di irregolarità del
lavoro, pubblicato dall’Istat e calcolato come la quota percentuale
delle unità di lavoro irregolari sul totale delle
unità di lavoro. Le variabili esplicative sono invece in parte dedotte
da una rassegna di studi econometrici relativi all’economia sommersa,
tra le quali la densità di popolazione e il tasso di
industrializzazione, proprie della dimensione e della struttura
economica regionale; il Pil pro capite e la partecipazione femminile al
mercato del lavoro, quali variabili di controllo dell’economia
sommersa; una proxy dell’intensità della regolamentazione in grado di
fornire una fotografia del contesto istituzionale italiano.
Dopo una breve descrizione dei dati, supportata da una rappresentazione
cartografica a livello regionale delle variabili più rappresentative
delle diverse condizioni economiche delle regioni italiane, l’analisi
empirica si declina in una stima di quattro distinti
modelli panel dai quali emergono risultati sui quali riflettere.
Prendendo spunto da molti studi
esistenti sull’economia sommersa, il lavoro si incardina nel filone di
approfondimenti con approccio modellistico. L’approccio econometrico ha
riscosso negli ultimi anni molto successo in quanto
è in grado di studiare l’economia sommersa attraverso le sue cause, non
limitandosi solamente all’analisi degli aspetti puramente fiscali, ma
individuando anche fattori di carattere sociale ed economico che in
misura diversa influenzano il fenomeno. In accordo
con l’ipotesi che il lavoro irregolare è “il principale fattore
produttivo su cui si basa il funzionamento dell’economia sommersa”, la
variabile in esame viene in questo contesto identificata con il tasso di
irregolarità del lavoro.
Il presente studio è stato applicato
dapprima su un campione di dati costituito da un panel bilanciato
relativo alle 20 regioni d’Italia e composto da 6 variabili con 12
osservazioni annuali comprese tra il 2001 e il 2012, per
un totale di 240 osservazioni. L’analisi è stato successivamente
arricchita con ulteriori fattori sociodemografici ed economici. I
modelli esaminati, oltre a confermare alcune relazioni già esistenti,
hanno fatto emergere due risultati importanti. La relazione
tra economia sommersa e intensità della regolamentazione non risulta
positiva. Ciò dipende dalla modalità di costruzione dell’indicatore, dal
campione di riferimento utilizzato e dalla tecnica di stima applicata.
L’interpretazione economica della nuova relazione
trovata è perfettamente intuibile considerando la specifica scelta
dell’indicatore.
È infatti
agevole ritenere che nelle zone con una maggiore presenza di dipendenti
pubblici il sommerso sia meno radicato e ciò a dimostrazione della
positiva opera dei pubblici dipendenti di tutte
le istituzioni centrali e periferiche. Infine la relazione tra
l’economia sommersa e la densità di popolazione mostra un segno
negativo, poiché laddove la maggior densità è legata ad una necessità
lavorativa, tale variabile può essere correlata negativamente
all’economia sommersa.
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