PUCCINI , L’AMERICANO
Quasi per
coincidenza le due opere ‘americane’ di Puccini vengono presentate alla Scala a
Milano ed al Teatro dell’Opera di Roma quasi contemporaneamente. Ha cominciato
Roma il 17 aprile con ‘Il Trittico’,
coprodotto con il Teatro Reale di Copenhagen e segue Milano con ‘La Fanciulla del West’ che debutterà il
3 maggio. Tecnicamente unicamente ‘La
Fanciulla del West’ sarebbe da considerarsi ‘americana’ perché di
ambientazione statunitense , tratta di un lavoro teatrale di David Belasco e
presentata per la prima volta al Metropolitan nel 1910. Anche ‘Il Trittico’ ha debuttato al
Metropolitan nel gennaio 1918, ad appena prima guerra mondiale finita.
Tuttavia, il nuovo allestimento de ‘La Fanciulla del West’ ( direzione d’orchestra di Riccardo Chailly
, regia di Robert Carsen, Eva-Marie Westbroek, Roberto Aronica e Claudio Sgura
nei tre ruoli principali) deve essere considerata quasi un debutto assoluto
perché è la prima volta che l’opera viene presentata come la compose Puccini.
Cioè prima che Arturo Toscanini la rimaneggiasse , togliendo la scena in cui
Minnie dà una lezione all’indiano Billy ed un’altra che racconta la dura vita
dei minatori, nonché qualche taglio minore. E’ vero che – come scrive Alberto
Cantù in L’Universo di Puccini da Le
Villi a Turandot (Zecchini Editore, 2016)- tutti i lavori di Puccini sono
in certo senso dei work in progress ritoccati
più volte dalla stesso autore. Ma Toscanini aveva la brutta abitudine di
mettere mano nelle partiture degli autori di
cui concertava la musica: basti pensare a quel che fece al bellissimo
finale di Turandot predisposto da
Franco Alfano e che si è potuto ascoltare ed apprezzare solo negli Anni
Sessanta del secolo scorso. Quindi, è una Fanciulla
integrale che merita la massima attenzione e che sarà seguita anche dalla
critica internazionale. E’ possibile che dopo questa esecuzione scaligera ,
direttori artistici decidano di riprendere l’opera quale concepita da Puccini
prima che Toscanini ci mettesse troppo le mani.
Differente il caso de Il Trittico , a cui Puccini lavorò, non interrottamente, per circa
tre lustri. Il suo epistolario rivela che già dopo il trionfo di Tosca , il compositore aveva pensato a tre atti unici di
ispirazione quasi dantesca: Inferno, Purgatorio
e Paradiso. Una lavorazione lunga , al termine della quale il dramma granguignolesco de Il Tabarro ha certamente colori
infernali, mentre Gianni Schicchi è
quasi un ironico Purgatorio e Suor
Angelica (presentata come secondo dei tre atti) ha un finale paradisiaco. Il Trittico richiede un numerosissimo
cast ed una concertazione attenta (Daniele Rustioni). La regia è affidata al
trentasettenne Damiano Michieletto ed è stata accolta con successo Copenhagen
ed a Vienna . Nella lettura di Michieletto i tre atti unici trattano
rispettivamente un omicidio, un suicidio e una vicenda comica ma molto “nera”,
incentrata sulla morte. Quindi , la regia accentua il lato più notturno e cupo,
per far risaltare la violenza Nel Tabarro, ambientato in un porto industriale,
viene messo in scena un mondo di sofferenti, di schiavi oppressi dal lavoro,
che cercano una forma di libertà attraverso la realizzazione delle loro
pulsioni sessuali. Suor Angelicà è invece prigioniera in un luogo di penitenza, un
carcere: non ha scelto lei la sua condizione, ma è detenuta per scontare una
pena, un peccato che ha commesso. Gianni
Schicchì invece è la rappresentazione di una lotta tra i vari personaggi
per accaparrarsi l’eredità di un morto che ha degli aspetti comici, ma è anche
ferocissima: tutti cercano di ingannare gli altri, e nessuno risparmia colpi
bassi. Le scene, progettate da Paolo Fantin, prevedono elementi di collegamento
tra le tre opere, rappresentati soprattutto da container industriali. I costumi
sono firmati da Carla Teti, mentre le luci sono curate da Alessandro Carletti.
Nel cast spiccano Patricia Racette (Giorgetta e Suor Angelica), Roberto
Frontali (Michele e Gianni Schicchi), Roberto Aronica (Luigi).
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