Il ritorno della musica obliata
Cosa
dice il libro "La Storia Negata: Musica e Musicisti nell’Era
Fascista" di Alessandro Zignani
Circa cinque anni fa, in un articolo di cultura
musicale su La Nuova
Antologia, notai che non c’era solamente la
“entartete musik” (musica degenerata), appellativo dato da Goebbels ai lavori di compositori – numerosi quelli di stirpe e cultura
ebraica, non allineati agli stilemi nazisti – per un periodo, esclusi di
programmi. C’era anche la musica
obliata, ossia quella di compositori
italiani che avevano avuto la ventura di vivere e produrre durante il ventennio
fascista ed in gran misura sparita dai repertori ed anche dalla pubblicistica.
Nel 2003, il saggio di uno storico (Stefano Biguzzi, L’Orchestra del Duce, UTET) presentò un quadro accurato e divertente della
competizione tra “tradizionalisti” ed “innovatori” alla corte di Mussolini, il quale si piccava di essere un musicista anche lui, dato che
strimpellava il violino. Più o meno nello stesso periodo, l’ormai defunta
l’Orchestra Sinfonica di Roma (Osr), l’unico complesso sinfonico interamente
privato in Europa sostenuto dalla Fondazione Roma e da un’associazione di
spettatori e di musicofili, ha dedicato molta attenzione alla riscoperta
del sinfonismo italiano di quel periodo. In parallelo, alcuni sovrintendenti e
direttori artistici coraggiosi hanno riproposto alcune opere degli Anni
’20 e ’30. Ne è stato un po’ il precursore Gianluigi Gelmetti, che ha messo in scena a Roma due capolavori di Respighi (La Fiamma e Marie
Victoire). Di recente, il Lirico di Cagliari
ha inaugurato la stagione con La Campana Sommersa sempre di
Respighi; il Regio di Torino ha proposto La Donna Serpente di
Casella; La Scala La
Cena delle Beffe di Giordano. Tutti lavori accolti con grande successo di pubblico e di
critica. Sembra stia iniziando un revival.
È quindi molto importante il volume appena uscito
di Alessandro
Zignani, musicologo, scrittore e
germanista (La Storia
Negata: Musica e Musicisti nell’Era Fascista, Zecchini Editore, pp.200, 25 euro). A differenza del libro di Biguzzi, questa è una guida completa di quell’epoca. La prima parte
esamina le tematiche principali della “musica del periodo” (ossia, presenta una
psicosintesi del fascismo in musica). La seconda si chiede se sia mai esistita
una “musica fascista” e divide i compositori più in auge dell’epoca in
categorie (gli scrocconi, i mediocri, gli illusi, gli indifferenti). La terza
esamina una trentina di “musicisti esemplari” entrando negli stilemi
stilistici delle loro opere.
È utile ricordare che in Italia la musica “colta”
dal Settecento alla prima parte del Novecento è di solito associata con la
lirica. Si dimentica che, da fine Ottocento a metà Novecento, abbiamo
avuto un grande stagione di musica sinfonica, ancora eseguita frequentemente
all’estero, ma coperta per decenni da una corte di oblio in Patria. Per
quale motivo? Montemezzi,
Casella, Malipiero, Pizzetti, Dallapiccola, Russolo, Pratella, Sgambati,
Ghedini, Mancinelli, Catalani, Martucci vengono
considerati, a torto più che a ragione, espressione di un periodo che si vuole
dimenticare. Uniche eccezioni: Petrassi e Respighi. Si tratta di compositori accusati, senza ragione, di essere
stati fascisti mentre ad esempio Dallapicolla è stato uno dei 35
professori universitari che rinunciò alla cattedra all’avvento delle leggi
razziali. L’unico certamente attivo nel Pnf è stato Puccini (tessera n°2 del partito a Viareggio), ma solo per pochi anni
perché la morte lo porto via. Si giunse al paradosso che mentre è stata
riabilitata non solo la “entartete musik” tedesca, considerata
“degenerata” dai nazisti, ma anche quella dello stesso compositore di corte di Hitler (Carl
Orff), la musica italiana dello
stesso periodo colpita dalla “damnatio memoriae” viene eseguita e
rappresentata più all’estero che in Italia.
La situazione sta lentamente cambiando. Nella
sinfonica, molto ha fatto l’Osr; anche se ora è sciolta ha lasciato ottime
collane di registrazioni per la casa discografica Naxos. La lirica, come si è
detto, sta ricominciando ad apparire nei cartelloni. Per gustare questa musica,
inserendola nel contesto in cui venne creata, il libro di Zignani è un ausilio essenziale.
Un’ultima notazione: poco prima del libro di Zignani è uscito il lavoro di Paolo Isotta Altri Canti di Marte (Marsilio, 465 pp, € 20). Il libro di Isotta è un approfondito saggio sulla musica del Novecento europea. Ne
tratterò in altra sede.
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