OPERA/ La Donna Serpente e il
ritorno della "musica obliata"
Pubblicazione:
domenica 17 aprile 2016
Foto Ramelle & Giannese, Edoardo Piva
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NEWS Musica
Nell’arco di
due settimane, due capolavori del teatro in musica degli Anni Trenta – La
Campana Sommersa di Ottorino Respighi e La Donna Serpente di Alfredo
Casella - hanno avuto le loro ‘prime’ esecuzioni sceniche dopo decenni di
oblio, rispettivamente a Cagliari ed a Torino. E’ doveroso ricordare che La
Campana Sommersa in versione da concerto (di cui esiste un ottimo CD) aveva
trionfato al festival di Radio France a Montpellier nel 2002 e che La Donna
Serpente ha avuto due repliche nel piccolo palcoscenico di Martina Franca
al festival di Valle d’Itria nel 2014.
Occasioni,
però, passate inosservata o quasi, a differenza di quelle di Cagliari e
soprattutto Torino, dove in sala c’era non solo una nutrita rappresentanza
della critica musicale italiana ma anche di quella straniera.
Sta, quindi,
tardivamente emergendo dall’oblio la musica italiana degli Anni Trenta, come
evidenzia il recente saggio di Alessandro Zignani La Storia Negata: musica e
musicisti nell’era fascista (Zecchini Editore, 2016). Un oblio tanto più
disdicevole in quanto la musica italiana ‘obliata’ in Italia viene eseguita ed
applaudita all’estero ed ancor di più perché si tratta di un ‘oblio’ a
carattere stalinista.
A ragione o
a torno, la musica del nostro Paese di quel periodo viene considerata
‘fascista’, come se tutti i musicisti di quell’epoca (con l’eccezione di Arturo
Toscanini) fossero alla corte del Duce. Certamente non lo fu mai Respighi, la
cui fama era mondiale. Diversi anni fa, Stefano Biguzzi - L’Orchestra del
Duce (UTET, 2002) - ha illustrato come Mussolini (considerandosi musicista
–strimpellava il violino – e, quindi, esperto del settore - si barcamenasse tra
tradizionalisti (guidati da Mascagni e Cilea) ed innovatori (tra cui spiccavano
Casella e Malipiero). Aveva una preferenza per i secondi. Tanto che Stravinskij
, non certo fascista, scrisse, nel proprio testamento, che voleva essere
sepolto in Italia (come è stato) anche in quanto in quanto il nostro era
unico Paese in cui un Capo di Governo aveva apprezzato e sostenuto la
musica contemporanea.
L’oblio è
stato tanto astioso da portare nel 2004 l’allora capo della critica musicale di
La Repubblica di accusarmi di essere contiguo al fascismo e di esaltare
uno dei suoi aedi quando, in occasione del centenario della nascita, mostrai
apprezzamento per Luigi Dallapiccola in occasione della messa in scena de Il
Volo di Notte. Il musicologo ignorava che Dallapiccola fosse stato uno dei
rari professori universitari a rinunciare alla cattedra al varo delle leggi
razziali.
Nell’ultimo
decennio, la musica italiana obliata degli Anni Trenta ha trovato esecutori,
specialmente l’ormai sparita Orchestra Sinfonica Romana guidata da Francesco La
Vecchia, che ha fatto riscoprire un baule pieno di meraviglie.
E’ in questo
contesto che occorre porre La Donna Serpente di Alfredo Casella. Si era
in un’epoca in cui esauritasi la fase del melodramma, finita la breve
stagione delgrand-opéra padano, ormai privo di carica il verismo,
il teatro in musica (assediato da una nuova forma di arte e spettacolo: il
cinema) cercava nuove strade. In Francia le trovò in grandi lavori vagamente
post-wagneriani (come Le Roi Arthus di Ernest Chausson) o minimalisti
(Puolenc, Milhaud) od anche in fusioni tra cinema ed opera. In Germania,
costretti all’esilio od al campo di concentramento gran parte dei musicisti
ebrei, Richard Strauss offrì un intelligente mix tra innovazione e tradizione.
Negli Stati Uniti, nasceva, basata su canoni tradizionalisti, una nuova opera
nazionale che ammiccava al grande pubblico.
In Italia,
un Paese dove non sono state mai particolarmente amate le fiabe, si andò vero
il fiabesco. Su questa testata si è visto quanto di fiabesco c’è ne La
Campana Sommersa di Respighi. Ce ne è molto di più in La Donna
Serpente di Casella, che non è un apologo (come La Campana) ma
l’apertura di quella che sarebbe dovuta estere un percorso nuovo ed originale
al teatro in musica. Ricordiamo che al fiabesco si rivolsero anche Mascagni (Le
Maschere) con poco successo e Puccini (Turandot) ancora oggi
amatissima.
OPERA/ La Donna Serpente e il
ritorno della "musica obliata"
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domenica 17 aprile 2016
Foto Ramelle & Giannese, Edoardo Piva
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La Donna
Serpente si basa su
un lavoro teatrale di Gozzi che aveva già ispirato il giovane Wagner (Le
Faterappresentata a Cagliari circa vent’anni fa). Il complicato intreccio è
riassunto in altre sedi. Per Casella ed anche per Malipiero il
teatro in musica avrebbe dovuto andare verso la dimensione del
gioco stilistico , dell’impiego di un caleidoscopio di forme, generi e
registri, di un pastiche in cui il linguaggio musicale
contemporaneo si fonde con stilemi del passato. Ne risulta una partitura
raffinata e piena di inventiva sia vocale sia strumentale. La prima ha parti
davvero impervie. La seconda coniuga in sinfonismo con anche la musica
settecentesca (quale il minuetto)
Ottimo il
lavoro congiunto di un maestro concertatore sensibile e ‘caselliano’ come
Noseda e del regista Arturo Cirillo. Con l’aiuto delle scene di Dario Gessati e
dei variopinti costumi di Gianluca Falaschi. hanno dato una coesione unitaria,
non facile da realizzare, al testo ed alla partitura. Molto attento il lavoro
con le voci: ci sono ben 18 solisti, tutti di buon livelli. Tra essi spiccano
Carmela Remigio (la quale, con il passare degli anni sta gestendo con maestria,
la propria vocalità), Piero Pretti (un tenore spinto con un ottimo registro di
centro), Anna Maria Chiuri e Roberto De Candia.
Un ricordo
finale: del capolavoro sommo di Malipiero, ‘L’Orfeide, non
esiste una registrazione in commercio; ne ho trovato una (del 1946 ) dopo varie
peripezie, e la custodisco gelosamente,). E’ opera breve che narra la morte
delle maschere della commedia dell’arte e le cui ‘sette canzoni’ hanno la
stessa qualità del Pierrot Lunaire di Schoenberg. Quando si
troverà un teatro di dimensioni piccolo-medie che la metterà in scena?
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