Per una riforma di sistema indispensabile
un dibattito che coinvolga la società civile
Le politiche per le pensioni e per la famiglia saranno i due
temi centrali dell’aggiornamento del Documento di Economia e Finanza e della
prossima Legge di Stabilità. I due argomenti sono strettamente intrecciati da
sempre. Nell’antichità prassi e a volte diritto volevano che i figli si
prendessero cura degli anziani. Con l’industrializzazione sono nati i sistemi
previdenziali pubblici.
Quasi tutti si basavano sulle ipotesi di una forte dinamica
economica e demografica in modo che i figli avrebbero potuto, con i loro
versamenti, sostenere padri e nonni giunti alla terza età. Oggi sono quasi
tutti in difficoltà per due ragioni. In primo luogo, anche per la mancanza di adeguate
politiche per la famiglia, la natalità è gradualmente diminuita e oggi le
società dell’Europa, del Nord America e di parte dell’Asia, sono caratterizzate
da un progressivo invecchiamento delle popolazione. In secondo luogo,
specialmente in Europa, alla crescita economica hanno fatto seguito una
recessione e i timori di una lunga stagnazione, con l’implicazione di basse
retribuzioni e impieghi discontinui. Sovente sono nonni e padri a dover
sopperire, con le loro pensioni, alle esigenze di base di figli e nipoti.
A ragione delle riforme introdotte, parallelamente, Italia e
Svezia (nonché i Paesi che ad esse si sono ispirati) sono, nel lungo periodo,
in una posizione migliore di molti altri Paesi europei che non hanno ancora
adottato meccanismi contributivi per il calcolo delle prestazioni
previdenziali. Tuttavia, anche i Paesi virtuosi sotto il profilo delle riforme
previdenziali (Italia in prima fila) non hanno previsto né la lunga crisi e le
prospettive di crescita bassa o nulla né i drastici cambiamenti del mercato del
lavoro già avvenuti e che si prospettano per l’avvenire. In aggiunta, metodi
gestionali non ottimali (quale l’accumulo di residui attivi in istituti
previdenziali per l’incapacità di stroncare, o almeno, frenare l’evasione
contributiva) aggravano il problema. Il nodo essenziale di politica
previdenziale è se fare interventi al margine, come nelle sette riforme varate
in Italia negli ultimi vent’anni oppure concepire interamente un nuovo sistema,
con l’apporto dei gruppi intermedi e delle parti sociali, guardando a quello
che saranno l’economia italiana e il mercato del lavoro del futuro. Per questo
è fondamentale animare un dibattito che posa essere utile alla politica, la
quale dovrà, a sua volta, costruire un forte consenso sociale per decisioni non
facili.
Giuseppe Pennisi
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