LA MANOVRA DI MEZZA ESTATE ED IL DEBITO
DEGLI EUROPEI
Giuseppe
Pennisi
Nonostante le assicurazioni del
Presidente del Consiglio e del Ministro dell’Economia e delle Finanze, ancora
una volta le primavera giunge con mormorii di una manovra finanziaria di mezza
estate (aumento di tasse ed imposte, riduzione della spesa) non solo per
restare nei ‘parametri’ definiti a livello europeo per l’indebitamento delle
pubbliche amministrazioni ma soprattutto per iniziare a fare diminuire lo stock
di debito pubblico in termini assoluti ed in rapporto al Pil.
E’un tema che abbiamo trattato più volte
in questa rubrica, fornendo anche suggerimenti (riduzioni della rendita per i
detentori di titoli pubblici ad alte cedole, privatizzazione totali non
parziali di Poste Italiane, riduzione del numero delle partecipate del
‘capitalismo municipale’ non ‘a babbo morto’ ma entro la fine del 2016). Temo
che sarà ancora oggetto di geremiadi e di prediche inutili. Le autorità
proposte sobbalzano quanto il Bollettino
della Banca Centrale Europea ci invia avvertimenti. Reagiscono con stizza
quando la Commissione Europea ci dà una brutta pagella. Ma dopo qualche giorno
di polemica sui giornali, si torna a progettare una ‘manovrina’ (come le ‘finanziarie
bis’ degli Anni Ottanta del secolo scorso) , nella speranza (od illusione) che
si sufficiente. La ‘lobby’ del debito pubblico è vastissima e composta di una
rete di interessi legittimi (da chi ha acquistati titoli ad alti tassi di
interesse negli Anni Novanta a chi vive di sovvenzioni per imprese che
dovrebbero competere sul mercato, dagli amministratori e dipendenti di enti e
partecipate inutili, e via discorrendo).
Un economista cinese (che lavora in
Scozia alla università di Dundee) ed uno tedesco (della università di Amburgo)
ci ricordano che la ‘tragedia in tre atti’ della Grecia (CESifo Working Paper
No 5677) iniziò proprio così: non essere in grado di resistere al ‘ partito del
forte debito pubblico ‘ nella illusione di poter galleggiare nell’area della
moneta unica europea. Sappiamo cosa è successo e solo il terrorismo ci ha
distratti dai tormento che travagliano la Repubblica Ellenica.
Non sono solo il ‘caso greco ‘ e gli
avvertimenti della Bce e della Commissione Europea a ricordarci che occorre
cambiare strada ed adottare una politica di rientro graduale dal debito. Un
lavoro a circolazione ristretta preparato
da due economisti greci (Veni Arakellian dell’Università Pantheion e Petros
Dellaportas dell’Università di Atene) e da due economisti italiani
dell’Università di Brescia (Roberto Savona e Marika Vezzoli)-e curato dalla
SYRTO (Systhemic Risk Tomography, una denominazione eloquente) propone un nuovo
metodo per individuare le aree di ‘debolezza di rischio sovrano’ all’interno
dell’eurozona. Il metodo utilizza l’andamento dei CDS (Credit Default Swaps) come misura di base per valutare il possibile
contagio (di titoli di debito pubblico più o meno buoni) , nonché indicatori
dei singoli Paesi e delle caratteristiche fondamentale della loro crescita
economica e della loro finanza pubblica. Utilizzando dati per il periodo
2008-2013, per Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo , Spagna , Francia e
Repubblica Federale Tedesco , e tenendo conto di altri indicatori (tasso di
disoccupazione,rapporto debito:Pil, tasso d’inflazione, crescita economica) .
L’Italia appare come un anello debole proprio per la caratteristiche del suo
debito pubblico. Ma anche altri Paesi non stanno bene. Cosa ci frena dal
proporre una conferenza (ovviamente riservata e senza annunci) per la
ristrutturazione del debito dell’eurozona?
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