DIETRO LE QUINTE/ Renzi ha la
scusa già pronta per il flop del Pil
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lunedì 18 aprile 2016
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NEWS Economia e Finanza
Nel redigere
il Documento di economia e finanza, via Venti Settembre e palazzo Chigi hanno
marcato visita, per utilizzare il gergo militare. Oppure fatto i furbetti del
quartierino. Il Def, infatti, non parla di quello che Simon Baptist, Capo Economista
dell'Economist Intelligence Unit, la società di consulenza economica e
finanziaria internazionale parte integrante del Gruppo The Economist,
definisce, in una lettera riservata agli abbonati, "il rischio globale
chiave": l'esito del referendum sulla permanenza o meno della Gran
Bretagna nell'Unione europea.
Quasi in
contemporanea, il rapporto di primavera del Fondo monetario internazionale ha
lanciato la medesima preoccupazione. Anzi l'ha ampliata, avvertendo che quale
sarà l'esito della consultazione, l'Europa e il mondo avranno una fase
difficile a ragione della fibrillazione dei mercati; ci sarà in ogni caso sia
nel breve periodo (le settimane precedenti il referendum quando Borse e cambi
seguiranno i sondaggi e le previsioni in modo spasmodico) e in quelle
successive (specialmente in caso di uscita dalla Gran Bretagna dall'Ue a
ragione della lunga trattativa tra Londra e l'Ue sul "dopo"; ma anche
in caso di permanenza, a motivo delle forti tensioni interne).
L'Italia
rischia di essere particolarmente colpita per vari motivi: a) palazzo
Mezzanotte in Piazza Affari a Milano è parte integrante del London Stock
Exchange e, quindi, comunque vadano le cose, le tensioni sui mercati sarebbero
avvertite in modo particolarmente acuto; b) sin dagli anni Sessanta, Roma ha
sponsorizzato l'ingresso della Gran Bretagna in quella che allora si chiamava
la Comunità economica europea e cercato di avere un rapporto privilegiato con
Downing Street al fine di equilibrare un supposto (o vero) asse Parigi-Berlino,
asse che verrebbe rafforzato quale che sia il risultato del referendum; c) le
fibrillazioni sui mercati verrebbero avvertite dai Paesi ad alto debito
pubblico in rapporto al Pil più che da quelli con finanza pubblica e debito nei
parametri di Maastricht e del Fiscal compact d) a fronte di un più forte asse
Parigi-Berlino, Roma potrebbe puntare al più a guidare quello che viene
chiamato il "Club Med", una "compagnia di giro" secondaria
e piena di guai (Cipro, Grecia, Malta, Portogallo e Spagna), con l'implicazione
che la sua voce a Bruxelles sarebbe ancora meno ascoltata.
È possibile
che si tratti di una dimenticanza o di una svista. Ciò comporterebbe, subito
dopo il referendum britannico, rimettere mano al Def (rivedendone le stime
macroeconomiche e finanziarie) senza attendere settembre per presentare il
solito aggiornamento alla vigilia del disegno di stabilità. Difficile, però,
pensare che a via Venti Settembre e a palazzo Chigi si sia così sprovveduti.
Più probabile un giochetto da "furbetti del quartierino": dopo il
referendum britannico, imputare ai problemi interni della "perfida
Albione" una crescita del Pil nel 2016 ben inferiore all'ipotetico 1,2 %
(stima a cui lo stesso Fmi ha detto di non credere), ma prossima allo 0,5-0,7%.
In questo caso, si invocherebbero "circostanze eccezionali" per la
clemenza dell'Ue.
Purtroppo,
la Commissione europa non agisce come i giudici dello shakespeariano Mercante
di Venezia che si fanno persuadere dall'arringa di Porzia, travestita da
avvocato, su the quality of mercy (la qualità della
misericordia). Il giudice istruttore Jyrki Katainen, in visita a Roma, ha già
avvertito che di geremiadi ne ha ascoltate già troppe e che l'Italia ha già
goduto di più flessibilità di tutti.
Per fortuna
che c'è San Gennaro… direbbe il
mio amico Paolo Isotta. Ma pare si tratti di un Santo poco venerato a Rignano
in Arno, Pontassieve e Arezzo.
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