OPERA/ "La campana sommersa": la rinascita del Teatro Lirico di Cagliari
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Per circa un decennio il Teatro Lirico di Cagliari, nel 1993, al termine di una
lunghissima stagione di lavori, è stato uno dei ‘luoghi della musica’
eccellenti dell’Italia. La formula consisteva nel presentare, come opera
inaugurale ed in occasione della festa del patrono della città, ‘prime’
italiane di opere rare e di invitare per la stagione sinfonica, grandi interpreti
internazionali. La formula ebbe, per diversi anni, sostegno pubblico e privato
anche in quanto il Lirico cagliaritano era diventato oggetto di attenzione
della stampa estera. Era forse una formula costosa sotto il profilo
finanziario. Ha apportato, però, non pochi benefici alla città e alla
Sardegna.
Non solo il richiamo internazionale. Il Lirico ha ridato vita
ad un quartiere considerato periferico e in cattive condizioni. Ora vi sorge,
oltre ad una bella Chiesa, uno dei primi alberghi della capitale della
Sardegna, e un elegante parco con vasche d’acqua; alcuni storici economici
tedeschi hanno dimostrato che la cultura e le arti sceniche promuovono lo
sviluppo e non necessariamente che i teatri nascono dove c’è già benessere e
dinamismo economico. Dopo questa fase c’è stato un decennio circa in cui, per
varie determinanti che non è il caso di ripercorrere, il teatro è stato in
declino.
Con una nuova squadra manageriale ed artistica, inizia quella che
dovrebbe essere la stagione della rinascita. Oltre a scelte più tradizionali il
cartello include coproduzioni con la Deutsche Opera am Reihm, il Thé?tre du
Ch?telet di Parigi ed il Tokyo Ballet (depositario delle coreografie di
Béjart), per sette turni di abbonamento, otto recite fuori abbonamento e quattordici
recite mattutine per le scuole
E’ anche ripresa la prassi di iniziare la stagione con opere
rare. Venerdì 1 aprile, il sipario su La campana sommersa di
Ottorino Respighi, una preziosa rarità musicale E’ un’affascinante commistione
fra realtà terrestre e mondo fiabesco, tra amore coniugale e misterioso
incanto, in una rielaborazione musicale del folclore tedesco in chiave
simbolista. È la storia del fonditore di campane Enrico che perde la sua opera
più pregevole in fondo ad un lago, a causa del dispettoso fauno dei boschi; la
fata Rautendelein restituisce magicamente a Enrico la voglia di lavorare e i
due, dopo essersi innamorati pazzamente, fuggono insieme, dopo che lui
abbandona la moglie Magda che si suicida, per la disperazione, nel lago.
I rintocchi fatati della campana sommersa nel lago annunciano il
fatto luttuoso e convincono Enrico a lasciare la giovane fata che, rinnegata,
sposa il semi-Dio Ondino. Enrico muore guardando il sole. Elemento fondante il
contrasto tra mondo pagano ed il cristianesimo.
La prima rappresentazione ebbe luogo il 18 novembre 1927 allo
Stadttheater di Amburgo, in traduzione tedesca. L’editore di Respighi, Ricorso,
non era d’accordo con la scelta del soggetto (agli italiani, sono sempre
piaciute poco le opere liriche imperniate su favole) , e rifiutò di pubblicare
l’opera, che così venne pubblicata dall’editore tedesco Bote & Bock ed ebbe
la première in Germania .Il mondo fiabesco del lavoro di Hauptmann ispirò
Respighi e lo condusse a creare una partitura operistica riccamente e
fantasiosamente orchestrata, che ricorda spesso all’ascoltatore i suoi famosi
poemi sinfonici.
Dal momento che l’anti-eroe dell’opera, Enrico, è un campanaro,
Respighi riempie la musica di rintocchi ed effetti squillanti. Negli Anni
Trenta e Quaranta ebbe un grande successo specialmente nelle Americhe oltre che
alla Scala , a Roma ed a Bologna. Sparita dai repertori, trionfò nel 2003
al Festival Internazionale di Radio France a Montpellier (c’è un’ottima
registrazione della Euterp ancora in commercio).
La prima cagliaritana è stata contrassegnata da calorosi applausi.
A mio parere, elemento essenziale del successo è stata la perizia con cui
Donato Renzetti ha concertato guida con grande perizia il grande organico
orchestrale ed i cori (a quello del Lirico di Cagliari è stato
aggiunto quello di voci bianche del Conservatorio “Giovanni Pierluigi da
Palestrina”. Tenendo ben equilibrato il rapporto tra buca e palcoscenico, ha
creato le tinte giuste. Buona la regia di Pier Francesco Maestrini, , le scene
e proiezioni di Juan Guillermo Nova, i costumi di Marco Nateri; sono
tradizionali ma colgono bene l’atmosfera
Tra i solisti, (quindici) tutti di buon livello spiccano la romena
Valentina Farcas in un difficile ruolo in cui deve ascendere da declamato a
coloratura, il messinese Angelo Villari tenore generoso nei ruoli dei due
protagonisti ed il tedesco Thomas Gazheli, un Ondino pieno di sfumature.
Dopo questa ripresa La campana sommersa entrerà
nei repertori. Difficile dirlo, dato il grande organico orchestrale, solistico
e vocale e la complessità di scene e regia. E’ un genere raro in Italia. Ma è
possibile che riprenda il suo cammino in Germania, Austria ed Europa centrale.
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