Opera.
Cagliari riscopre Respighi e la sua
vocazione alla ricerca
CAGLIARI
Ultima in ordine di tempo, ma tra le prime in
ordine di interesse musicale, la stagione 2016 del Teatro Lirico di Cagliari è
stata inaugurata venerdì scorso con una preziosa rarità musicale di Ottorino
Respighi:
La campana sommersa, su libretto di
Claudio Guastalla dal poema drammatico di Gerhart Hauptmann. A una lettura
superficiale La campana sommersa può sembrare
un’espressione tardiva (la prima esecuzione ebbe luogo nel 1927, ma questa è la
prima in Italia in forma scenica) del simbolismo che permeava letteratura e
scene tra fine Ottocento e inizio Novecento. A un’analisi più profonda,
soprattut- to tenendo conto della complessa partitura, è una parabola del
conflitto tra il paganesimo e il cristianesimo (tema fondante del teatro in
musica tedesco: si pensi a Wagner). In una realtà rurale un fonditore di
campane, Enrico, perde la sua opera più pregiata (la campana per la nuova
chiesa) perché viene gettata in fondo a un lago dai fauni dei boschi. La fata
Rautendelein restituisce magicamente a Enrico (depresso per la perdita) la
voglia di lavorare. Innamorati, i due fuggono insieme, dopo che lui abbandona
la moglie Magda, la quale si suicida per disperazione nel lago. I rintocchi
della campana sommersa annunciano il lutto e convincono Enrico a lasciare la
fata che, rinnegata, sposa il semidio Ondino mentre Enrico muore.
Il mondo pagano (il semidio Ondino, il Fauno,
la Strega, gli Elfi) si contrappone a quello cristiano (il Parroco, Magda, i
figli di Enrico, il Maestro, il Barbiere) soprattutto musicalmente: nel primo
domina la scala pentatonica, nel secondo gli stilemi dell’opera italiana
dell’epoca (con echi anche pucciniani e parti impervie per i solisti). Il mondo
fiabesco porta Respighi a creare una partitura riccamente orchestrata. Negli
anni Trenta e Quaranta, l’opera ebbe grande successo specialmente in Germania e
nelle Americhe oltre che alla Scala, a Roma e a Bologna. Sparita dai repertori
(anche a ragione delle difficoltà vocali e orchestrali), trionfò nel 2003 al
Festival Internazionale di Radio France a Montpellier (c’è un’ottima
registrazione ancora in commercio). La regia di Pier Francesco Maestrini, le
scene e proiezioni di Juan Guillermo Nova, i costumi di Marco Nateri sono
tradizionali ma colgono bene lo spirito del lavoro, sono in linea con la
partitura e hanno echi della pittura preraffaellita. Donato Renzetti guida con
grande perizia l’orchestra, il coro del Lirico di Cagliari e il coro di voci
bianche del Conservatorio “Giovanni Pierluigi da Palestrina”. Renzetti non solo
tiene molto bene gli equilibri tra l’immensa orchestra in buca e le voci in
palcoscenico ma rende con efficacia le tinte dei due “mondi” (il pagano e il
cristiano) giustapposti.
Nella numerosa squadra dei solisti (quindici),
tutti di buon livello, spiccano la romena Valentina Farcas in un difficile
ruolo in cui deve ascendere da declamato a coloratura, il messinese Angelo
Villari tenore generoso nel ruolo del protagonista e il tedesco Thomas Gazheli
un Ondino pieno di sfumature.
Il Teatro Lirico di Cagliari, inaugurato nel
1993, ha ridato vita a un quartiere allora in degrado dove ora sorgono una
bella chiesa, uno dei primi alberghi della Sardegna e un parco – segno che la
cultura e le arti sceniche promuovono la crescita. Per alcuni anni, grazie a stagioni
coraggiose con “prime” di opere rare, il Lirico è stato il fulcro dello
sviluppo della città. Ha fatto seguito una fase di declino. Con una nuova
squadra manageriale e artistica, e un cartellone accattivante, inizia quella
che dovrebbe essere la fase della rinascita.
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Il Lirico ha aperto la sua stagione con “La
campana sommersa”, titolo raro e impegnativo datato 1927 La scelta sembra
inaugurare una nuova fase per il teatro, più vicina allo spirito delle origini
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