Disoccupazione a marzo, una rondine fa primavera?
Il commento dell'economista Giuseppe Pennisi
I dati su occupati e disoccupati vanno letti con cura. In primo
luogo, occorre ricordare che non includono gli inoccupati che, per
scoraggiamento ed altra ragione, sono usciti dalle forze di lavoro; in
Italia, il fenomeno è significativo anche a ragione della espulsione di
personale anziano, e con i requisiti previdenziali, da fabbriche ed
uffici e dal nodo degli ‘esodati’, rimasti in un limbo. In secondo
luogo, secondo le definizioni internazionali (e, quindi, anche quella
Istat), per essere considerati “occupati” è sufficiente avere svolto
un’ora di lavoro nella settimana precedente la rilevazione statistica ed
essere retribuiti con almeno uno dei 114 milioni di voucher di 10 euro.
In terzo luogo, un tasso di disoccupazione dell’11,4% delle forze di
lavoro è , da un lato, il più basso degli ultimi 24 mesi ma anche il
secondo più alto rilevato in marzo nell’Unione Europea ed il doppio
quasi del 6% a cui si era giunti negli anni precedenti la recessione.
In quarto luogo, gli occupati aggiuntivi in marzo sono appena 17.000 e i
disoccupati (ossia coloro che cercano attivamente un lavoro) in meno
solo 15.000, una sostanziale stabilizzazione; quadro confermato
esaminando i dati annuali: 263.000 occupati aggiuntivi e 274.000 “alla
ricerca di lavoro” in meno. Infine, è difficile sapere quanti “occupati
aggiuntivi” abbiamo firmato il contratto di lavoro prima della fine del
2015 (quando gli incentivi erano ancora molto elevati) e preso servizio
ad inizio marzo, drogando il dato. Esaminando questi dati si trae
l’impressione che l’Italia resta un Paese ad alta disoccupazione e bassa
occupazione.
Se le statistiche mensili su occupazione e disoccupazione vengono coniugate con quelli sull’andamento dei prezzi al consumo ed alla produzione (gli indici di ambedue sono in forte contrazione su base annua) si ha l’impressione che non si è ancora usciti dal rischio di deflazione. I timidi segnali di ripresa avvertiti negli ultimi mesi del 2015 e che, secondo il Documento di Economia e Finanza (DEF), si rafforzerebbero nel 2016 e nel 2017, rischiano di affievolirsi od anche di fare marcia indietro.
Occorre, quindi, non solo tentare di effettuare una manovra di bilancio espansionistica, in intesa con le autorità europee e con attenzione alle possibili reazioni dei mercati internazionali ad una crescita ulteriore del nostro deficit e del nostro indebitamento. La mano monetaria (gestita dalla Banca centrale europea, Bce) è già espansionista ma ‘il cavallo non beve ’ ed anzi pare entrato nella “trappola della liquidità”; in tale materia, sono essenziali misure che spingano il sistema bancario ad essere di maggior supporto ad imprese desiderose di investire.
Se l’economia reale non prende vigore, l’impercettibili aumento dell’’occupazione’ in marzo, ed il parimenti ‘impercettibile’ riduzione della disoccupazione, potrebbero essere la classica rondine che non fa primavera, ed anzi anticipa un peggioramento della situazione.
Se le statistiche mensili su occupazione e disoccupazione vengono coniugate con quelli sull’andamento dei prezzi al consumo ed alla produzione (gli indici di ambedue sono in forte contrazione su base annua) si ha l’impressione che non si è ancora usciti dal rischio di deflazione. I timidi segnali di ripresa avvertiti negli ultimi mesi del 2015 e che, secondo il Documento di Economia e Finanza (DEF), si rafforzerebbero nel 2016 e nel 2017, rischiano di affievolirsi od anche di fare marcia indietro.
Occorre, quindi, non solo tentare di effettuare una manovra di bilancio espansionistica, in intesa con le autorità europee e con attenzione alle possibili reazioni dei mercati internazionali ad una crescita ulteriore del nostro deficit e del nostro indebitamento. La mano monetaria (gestita dalla Banca centrale europea, Bce) è già espansionista ma ‘il cavallo non beve ’ ed anzi pare entrato nella “trappola della liquidità”; in tale materia, sono essenziali misure che spingano il sistema bancario ad essere di maggior supporto ad imprese desiderose di investire.
Se l’economia reale non prende vigore, l’impercettibili aumento dell’’occupazione’ in marzo, ed il parimenti ‘impercettibile’ riduzione della disoccupazione, potrebbero essere la classica rondine che non fa primavera, ed anzi anticipa un peggioramento della situazione.