OPERA/ Schumann e il
romanticismo tedesco visti da Daniele Gatti
Pubblicazione:
martedì 15 marzo 2016
Daniele Gatti, foto di Riccardo Musacchio
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Per due
settimane Daniele Gatti, che è stato giovane direttore stabile dell’Accademia
Nazionale di Santa Cecilia dal 1992 al 1997 e dopo essere stato alla guida
della Orchestre Nationale de France sta per assumere la carica di Chief
Conductor della Royal Concertgebouw di Amsterdam, è tornato sul podio della
maggiore sinfonica della capitale.
In questi
anni, occorre dire, Gatti era stato spesso a Roma ed a Santa Cecilia, a volte
come direttore di opere in forma di concerto o semiscenica (memorabile il suo Wozzeck
nel 2003 ed il Parsifal nel 2008). Questa volta Gatti è il perno di
un programma imperniato sul romanticismo tedesco, in particolare su Schumann.
Nella Sala
Santa Cecilia Gatti esegue dal 12 al al 15 marzo la Prima e la Terza
sinfonia di Schumann, intercalate con la Rapsodia per contralto,
coro maschile e orchestra di Brahms e dal 19 al 22 marzo, la Seconda e
la Quarta sinfonia di Schumann, nonché lo Schicksalslied per coro
e orchestra di Brahms.
La musica
cameristica di Schumann è il perno di due concerti: il 17 marzo la pianista
Beatrice Rana e il Quartetto Modigliani, eseguono al Teatro Argentina tre
quartetti di Schumann; il 22 marzo, nell’Aula Magna dell’Università La Sapienza
suonano il terzo quartetto dell’opus 41 ed il quintetto con pianoforte in mi
bemolle maggiore. Questo esempio di collaborazione tematica tra tre delle
maggiori istituzioni musicali della capitale comporta, quindi, un minifestival
che attrae pubblico e critica anche da fuori Roma e pure dall’estero. La prima
sera, la Sala Santa Cecilia era affollatissima ed il concerto è stato molto applaudito.
Se l’iniziativa ha successo, varrà la pena replicarla.
Il pubblico
romano è particolarmente attratto dal repertorio romantico, mentre specialmente
tra gli abbonati alla stagione sinfonica di Santa Cecilia, non mancano coloro
che considerano ‘moderno’ ove non ‘contemporaneo’ o ‘avanguardia sperimentale’
lo stesso ‘Novecento Storico”. Si è fatto, quindi, bene a puntare su Schumann
il quale, chiamato “l’eterno fanciullo” dai contemporanei, fu uno dei
compositori romantici per eccellenza. Le sue opere sono un esempio raro di
passionalità focosa e di sentimenti intimi, delicati, sensuali, lacrimevoli,
autunnali. Il suo stile, ricco di sfumature ma sempre chiaro e preciso, è
espresso attraverso un uso dell’armonia assai personale, immediatamente
riconoscibile. E’ motivo addizionale di interesse ascoltare come Gatti,
che negli ultimi anni si è molto dedicato alla musica del Novecento, affronterà
il romanticismo di Schumann giustapponendolo a quello di Brahms.
Ero al
concerto inaugurale e su di esso riferisco. Dei tre numeri musicali in
programma quello che più mi ha colpito è stata la Rapsodia per contralto eseguita
insieme al Canto del Destino di Brahms. Per me, e per numerosi altri
ascoltatori, una novità mentre le sinfonie di Schumann sono state presentate singolarmente
non come esecuzione integrale di tutte e quattro, frequentemente anche negli
ultimi anni nei programmi della sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa
Cecilia e della Orchestra Sinfonica di Roma. I due brevi lavori di Brahms sono
del 1871 e del 1872, quindi appartengono al tardo romanticismo già contaminato
dalla wagneriana ‘musica per l’avvenire’.
I testi sono
tratti da due giganti della letteratura tedesca : il Goethe del Viaggio
nello Harz e lo Hölderlin del romanzo epistolare Iperion. Si
tratta di un momento musicale molto drammatico e molto potente in cui hanno
anche brillato Sara Mingardo ed il coro maschile diretto da Ciro Visco. Gatti
ha messo chiaramente la propria firma con una concertazione improntata alle sue
esperienze con le partiture tardo-romantiche.
Veniamo a
Schumann. In un saggio nel programma di sala, Antonio Rostagno definisce le
sinfonie come un momento pubblico non solo perché richiedono un’esecuzione di
fronte al pubblico ma perché in esse Schumann svela il proprio intimo
(caratteristico della cameristica) tramite una ‘autobiografia di suoni’. E’ un
punto fondante per comprendere le quattro composizioni. Gatti lo ha colto a
pieno.
La prima
sinfonia, concepita di getto e dedicata alla ‘Primavera’, è quasi ai bordi
della ‘musica a programma’, ed in pieno contrasto con la drammatica seconda
sinfonia, composta in un momento di depressione sino al tentativo di
suicidio, trasuda e trasmette serenità. Si adatta ad una concertazione
cesellata, ricamata, dilatandfo anche i tempi (il lavoro è breve circa
mezz’ora) come è prassi di Gatti. Perfetta la descrizione dell’inizio della
Primavera con lo squillante richiamo delle trombe e dei corni
nell’introduzione. Dolce il larghettoche descrive una piacevole
serata primaverile. Molto abili, Gatti e l’orchestra nel finale addio
alla primavera.
Anche
la terza sinfonia, chiamata sinfonia renana, ha
elementi della ‘musica a programma’. Ispirata da un viaggio dei coniugi
Schumann e con anche chiare impronte nazionalistiche , nella lettura di Gatti è
imperniata su un tema festoso di notevole lunghezza (20 misure) che
caratterizza l‘inizio , seguito da uno scherzo dal sapore
popolare e da un tema di pacata serenità e da un finale in cui un momento di
austerità meditazione sfocia in un un’esplosione di felice esaltazione.
Gatti e l’orchestra sono stati particolarmente felici in questo difficile
finale.
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