La politica
monetaria è ormai al limite Ma l’inflazione è ancora addormentata
GIUSEPPE
PENNISI
Il
Quantitative easing della Banca centrale europea va oggi verso un
'tagliando' che appare non solo doveroso ad un anno dall’avvio del programma ma
anche auspicabile, poiché l’acquisto di titoli (60 miliardi di euro al mese )
da parte della Bce non sembra affatto prossimo all’obiettivo di riportare
l’inflazione nella zona euro a un tasso annuo del 2%. Nei 12 mesi terminati il
29 febbraio, al contrario, il tasso armonizzato dell’indice dei prezzi al
consumo nell’area ha subito una contrazione dello 0,2%. Se l’indice viene
depurato per togliervi prodotti molto sensibili a tendenze di breve periodo
(petrolio, alimentari), c’è stato un aumento, ma appena dello 0,7% (e quindi
sempre molto distante dall’obiettivo del 2%). Ci sono stati leggeri segni di
miglioramento dell’economia reale, ma sono molto fragili. Lo suggerisce anche
il fatto che le indicazioni positive dei primi mesi del 2015 (quando il Pil
dell’area cresceva allo 0,5%, cioè a un tasso annuale del 2,2%) sono state
smorzate nell’ultimo trimestre dell’anno scorso: una crescita appena dello 0,2%
che, se proiettata all’intero 2016, suggerisce per quest’anno un aumento del
Pil solo dell’1,1% per l’intera zona euro. In breve, l’iniezione monetaria
appare avere modesti effetti su prezzi e crescita.
Per quali
ragioni? Uno studio della Cgia di Mestre documenta che parte della
responsabilità è dei grandi istituti bancari che non avrebbero convogliato
verso le aziende gli 87 miliardi di titoli pubblici convogliati dalla Bce
all’Italia, mentre nello stesso periodo i prestiti degli istituti di credito
alle imprese sono diminuiti di 15 miliardi di euro (rispetto ai 12 mesi
precedenti). Le cronache delle ultime settimane suggeriscono che numerosi
istituti hanno utilizzato il Qe per 'ripulire' i loro conti da crediti
deteriorati piuttosto che per nuove attività. Tuttavia, questa è solamente una
delle componenti. Anche in Germania e in Francia, dove le previsioni di crescita
economica per il biennio 2016-2017 sono più favorevoli che in Italia e dove i
prestiti alle società non finanziarie sono aumentati negli ultimi 12 mesi,
l’inflazione è prossima allo zero (+0,2% per i consumatori tedeschi e +0,1% per
quelli francesi).
Il nodo di
fondo risiede nei limiti delle politica monetaria in una fase di rallentamento
dell’economia mondiale e di rischi di una nuova deflazione nell’area dell’euro.
È verosimile
che oggi la Bce, unitamente ad aumentare la dose mensile di Qe, rivolga un
appello ai Governi ed ai Parlamenti non solo per riforme economiche più
coraggiose ma anche per politiche di bilancio che supportino la leva monetaria.
Politiche di questo tipo quanto sarebbero compatibili con il Fiscal Compact? E
in che misura si distinguerebbero dalla flessibilità richiesta da diversi Stati
dell’eurozona?
©
RIPRODUZIONE RISERVATA
Copyright ©
Avvenire
Powered by
TECNAVIA
dell’eurozona?
Nessun commento:
Posta un commento