Daniele
Gatti riporta Schumann a Roma
GIUSEPPE
PENNISI
Grande
attesa a Roma (e non solo; si aspettano critici anche da altre città italiane)
per il ritorno di Daniele Gatti alla direzione dell’Orchestra sinfonica di
Santa Cecilia, di cui è stato giovane direttore stabile dal 1992 al 1997. Da
allora è stato più volte sul podio come direttore ospite, ma questa volta è a
Roma relativamente a lungo, nonché per un programma integrato incentrato sul
romanticismo tedesco e in particolare Schumann.
Nella Sala
Santa Cecilia Gatti eseguirà da stasera al 15 marzo la Prima e la
Terza sinfonia di Schumann, intercalate con la Rapsodia per
contralto, coro maschile e orchestra di Brahms e dal 19 al 22 marzo, la
Seconda e la Quarta sinfonia di Schumann, nonché lo Schicksalslied
per coro e orchestra di Brahms. La musica cameristica di Schumann sarà il perno
di due concerti: il 17 marzo la pianista Beatrice Rana e il Quartetto
Modigliani, eseguiranno al Teatro Argentina tre quartetti di Schumann; il 22
marzo, nell’Aula Magna dell’Università La Sapienza suoneranno il terzo
quartetto dell’opus 41 ed il quintetto con pianoforte in mi bemolle maggiore.
Schumann,
chiamato “l’eterno fanciullo” dai contemporanei, fu uno dei compositori
romantici per eccellenza. Le sue opere sono un esempio raro di passionalità
focosa e di sentimenti intimi, delicati, sensuali, lacrimevoli, autunnali. Il
suo stile, ricco di sfumature ma sempre chiaro e preciso, è espresso attraverso
un uso dell’armonia assai personale, immediatamente riconoscibile. Sarà
interessante sentire come Gatti, che negli ultimi anni si è molto dedicato alla
musica del Novecento, affronterà il romanticismo di Schumann giustapponendolo a
quello di Brahms.
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