Cellini torna a Roma
marzo 16,
2016 Giuseppe Pennisi
Il 22 marzo
torna a Roma ‘Benvenuto Cellini’ di Hector Berlioz
Il 22 marzo
torna a Roma ‘Benvenuto Cellini’ di Hector Berlioz. Opera ‘romana’ per
eccellenza (tutti conoscono il ‘carnevale romano’ del secondo atto poiché
spesso eseguito in programmi concertistici) è solamente la seconda volta che
appare sul palcoscenico della Capitale. La prima fu nel 1995 in un allestimento
di gran lusso e con scene immense (regia di Giuseppe Proietti, scene e costumi di
Quirino Conti) che i due atti vennero divisi in quattro per consentire i
cambiamenti di luogo dell’azione. Questa volta , l’ allestimento di Terry
Gilliam Unico membro americano dei Monty Python e principale autore-animatore
di cartoni animati surreali. Con proiezioni e diavolerie di ogni genere , lo
spettacolo (che è stato giudicato affascinante a Londra, da dove proviene) ha
un solo intervello, ma la durata impone di alzare il sipario alle 19,30 non
alle canoniche 20 per consentire al pubblico per prendere l’ultima corsa della
metropolitana. Le scene di Rae Smith sono ispirate alle stampe di Piranesi) ed
i costumi di Katrina Lindsay sono atemporali e sgargianti. Dirige Roberto
Abbado. . Nel cast, brillano John Osborn e Elena Mosuc. Nelle mani di Gilliam,
l’opera non sarà più datata nella Roma rinascimentale ma diventa una parabola
del ‘genio e sregolatezza’ dell’artista. Una introspezione autobiografica,
anche se surreale, non necessita un apparato monumentale.
Al pari di
altri lavori di Berlioz per il teatro in musica, Benvenuto Cellini è un’opera
“maledetta”. Berlioz venne senza dubbio influenzato dal suo soggiorno a Villa
Medici come vincitore del prestigioso “Prix de Rome” e dalla lettura
dell’autobiografia dell’artista rinascimentale. Un’autobiografia metabolizzata
in modo molto personale: Berlioz si riconosceva in Cellini in quanto artista
unico in un mondo in cui soltanto pochi lo comprendevano, ma iniettava una
buona dose do autoironia nei confronti sia di Cellini sia del contorno – dalla
burocrazia vaticana, ai sicofanti e questuanti che la circondavano, al Papa in
persona. Venne progettata inizialmente come “grand opéra” in cinque atti, poi
come “opéra comique” in due atti con parti recitate e numeri musicali, ma
debuttò infine il 10 settembre del 1838 come opéra pura e semplice e tonfò
miseramente (pare anche a ragione dell’inadeguatezza degli interpreti). Venne
riesumata da Listz per il Teatro di Weimar Poche le riprese nell’Ottocento: in
boemo a Praga, in tedesco a Berlino, Strasburgo, Vienna, Zurigo). Riappare in
francese nel 1913 per l’inaugurazione del Théâtre de Champs-Elysées ma occorre
aspettare sino agli Anni Sessanta perché ricominci a circolare, spesso in
versione da concerto. In Italia si contano soltanto tre edizioni sceniche: alla
Scala nel 1976 (importata da Covent Garden), a Firenze nel 1987 ed a Roma nel
1995.
Inoltre,
solo di recente si dispone di una edizione critica, a cura dell’editore
Bärenreiter, della versione che venne rappresentata a Parigi nel 1838 (la più
vicina alle intenzioni di Berlioz). Ci sono, poi, enormi difficoltà di
allestimento:: un organico orchestrale vastissimo, numerosi solisti, un coro
con ruolo primario, danze e mimi.
E la edizione critica rileva che in Benvenuto Cellini, ci si diverte e si ride a crepapelle.
E la edizione critica rileva che in Benvenuto Cellini, ci si diverte e si ride a crepapelle.
Leggi di Più: Cellini torna a Roma | Tempi.it
Follow us: @Tempi_it on Twitter | tempi.it on Facebook
Nessun commento:
Posta un commento