Un “Don
Giovanni” al Massimo di Palermo
16 - 05 -
2014Giuseppe Pennisi
Torna in scena al Teatro Massimo di Palermo, dopo
dodici anni, Don Giovanni, capolavoro teatrale di Wolfgang Amadeus Mozart
su libretto di Lorenzo Da Ponte: debutto fissato per oggi 16 maggio alle
ore 20:30 (repliche sino al 25 maggio) con un nuovo allestimento con la regia
di Lorenzo Amato, le scene di Angelo Canu e i costumi di Marja
Hoffmann.
L’opera andrà in scena nella cosiddetta versione
di Vienna del 1788, che si differenzia da quella per il debutto a Praga nel
1787 soprattutto perché si chiude con la morte di Don Giovanni e non prevede
l’epilogo affidato a Leporello e agli altri personaggi. In effetti, saranno in
scena due Don Giovanni poiché a quello per il pubblico adulto viene affiancato,
da mercoledì 21 maggio a sabato 24 maggio, alle ore 11:30, una versione
dell’opera pensata dal regista palermitano Roberto Catalano per un pubblico di
meno esperti, per un primo approccio all’opera, per i turisti di passaggio o
per gli studenti: «Il sipario si alza su Leporello che, dopo anni, torna in
quella che fu la casa di Don Giovanni. Tra le mani stringe “il catalogo”, un
grande libro dalle pagine bianche sul quale vuole scrivere la storia del suo
padrone: la casa si popola all’improvviso dei personaggi che l’hanno
frequentata: Donna Anna, Don Ottavio, Zerlina, dall’omicidio del Commendatore
alla morte di Don Giovanni. Le pagine si riempiono di appunti; scrivere però
non basta: per salvare la storia dal tempo che passa, bisognerà metterla
in musica, solo così tutti potranno capirla e ricordarla per sempre. Leporello
si rivolge al pubblico: ciascuno potrà tracciare su un foglio righe di
pentagramma e note. La sala del Teatro Massimo diverrà allora la prima pagina
del Don Giovanni».
IL CAST
Nella versione principale, sul podio
dell’Orchestra del Massimo Stefano Ranzani, protagonista Carlos Ãlvarez,
considerato uno degli interpreti di riferimento del ruolo. Al suo fianco un
cast di livello internazionale con Malin Hartelius (Donna Anna), Giulio
Pelligra (Don Ottavio), Michail Ryssov (Il Commendatore), Maija KovaÄevska
(Donna Elvira), Marco Vinco (Leporello), Biagio Pizzuti (Masetto), Barbara
Bargnesi (Zerlina). Nelle recite del 17, 21 e 25 maggio gli interpreti saranno:
Mattia Olivieri (Don Giovanni), Rocio Ignacio (Donna Anna), Tomislav Mu ek (Don
Ottavio), Michail Ryssov (Il Commendatore), Ellie Dehn (Donna Elvira), Matias
Tosi (Leporello), Biagio Pizzuti (Masetto), Barbara Bargnesi (Zerlina). Il Coro
del Teatro Massimo è diretto da Piero Monti
UNA TRAGEDIA DI SOLITUDINE
“Don Giovanni – afferma il regista – comincia e
termina con la morte”. Quindi in questa come in altre recenti edizioni, l’opera
non verrà letta come una commedia ma come una tragedia di solitudine.
Ricordiamo che nel 2009, ad inaugurazione del festival di Aix en Provence,
un’équipe di russi, giovani ma già affermatissimi (Dmitri Tcherniakov, Elena
Zaitseva, Alexei Parin) e la direzione musicale di Louis Langrée alla guida
della Freiburger Barockorchester (che utilizzava strumenti musicale d’epoca,
ossia di fine Settecento) trasformava “il dramma giocoso” in un “ritratto di
famiglia in un inferno” in una Russia degli anni del crollo di quella che fu
l’Unione Sovietica. Non molto tempo fa alla Scala, Peter Mussbach (nel 2006 con
la concertazione di Gustavo Dudamel e nel 2010 con quella di di Langrée) lo
rendeva un cupo dramma di periferie violente. Le crinoline, le parrucche e
anche la marionette si sono viste di recente nell’edizione di Franco Zeffirelli
portata a Roma dal Metropolitan e in una produzione che ha girato con successo
in teatri “di tradizione” veneti e marchigiani.
I VALORI UNIVERSALI
Tuttavia, “Don Giovanni” parla di valori universali
che meglio si comprendono se portati nel contesto attuale. Ad esempio,
l’edizione che ha inaugurato la stagione della Scala 2011-2012 non solamente
porta la vicenda ai giorni d’oggi ma è chiaramente frutto di stretta
collaborazione tra l’impostazione drammaturgica (regia di Robert Carsen,
scenedi Michael Levine, costumi di Brigitte Reiffenstuel, luci dello stesso
Carsen e di Peter van Preat) e della direzione musicale di Daniel Barenboim. Ne
risulta una grande integrità concettuale sia scenica sia musicale. L’opera
diventa una riflessione al tempo stesso desolante e struggente sulla condizione
umana – ipocrita, falsa, lussuriosa.
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