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lunedì 19 maggio 2014
Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan (Infophoto)
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NEWS Economia e Finanza
A meno di
una settimana dalle elezioni europee, che hanno sempre più una caratura di
politica interna, ai deludenti dati della contabilità economica nazionale, il
Presidente del Consiglio Matteo Renzi e il Ministro dell’Economia e delle
Finanze Pier Carlo Padoan non potevano non reagire affermando che la tendenza
sarebbe mutata non appena i primi provvedimenti (quali gli ormai notissimi 80
euro in busta paga) avrebbero cominciato a “mordere” e, soprattutto, quando il
programma di riforme istituzionali sarebbe partito.
Solamente a
fine maggio gli 80 euro arriveranno nelle tasche degli italiani (molti dei
quali, però, subiranno aumenti d’imposizione comunale e regionale, nonché
tariffe più salate per i servizi pubblici). Le riforme, quali delineate nella
prima conferenza stampa di Matteo Renzi da Presidente del Consiglio, sono a
rischio a ragione dell’opposizione di parte del suo partito e in quanto il
leader di Forza Italia afferma che il “patto del Nazareno” non è stato mantenuto
dalla sua controparte (ossia Matteo Renzi). Quindi alle rassicurazioni di Renzi
e Padoan fanno riscontro le notizie (lo sanno anche i gatti del Pantheon) che a
via Venti Settembre si sta cominciando a lavorare a quella che potremmo
chiamare “la svolta prossima ventura” della politica economica a breve e medio
termine.
Di cosa si
tratta? Ricompare un “convitato di pietra” di cui, sinora, il Governo non ha
parlato che di sfuggita: lo stock di debito pubblico che sta viaggiando verso
il 135% del Pil. Non che Renzi e, soprattutto, Padoan non ne fossero
consapevoli. La strategia a lungo termine era che la crescita economica (e un
po’ di privatizzazioni - proprio il 16 maggio è stato dato il via ai Dpcm
relativi alla cessione della partecipazione statale di Poste Italiane e di Enav
rispettivamente sino al 40% e al 49%) avrebbe fatto crescere il denominatore
(il Pil) riducendo così il rapporto. Nel più breve periodo, la tattica era di
giungere al Consiglio europeo di ottobre (presieduto dall’Italia) con alcune
riforme istituzionali già approvate, in prima lettura, dai due rami del
Parlamento e ottenere, quindi, flessibilità nei vincoli di finanza pubblica al
fine di completare l’attuazione del programma di riforme e, contemporaneamente,
realizzare una politica più espansionista di quanto permesso dal Fiscal
compact.
I dati della
contabilità economica nazionale e la “gelata” che si attende il 28 maggio
quando verrà presentato il Rapporto Annuale Istat (di cui girano, sotto
embargo, anticipazioni) dicono chiaro e tondo, al di là delle dispute tecniche
su moltiplicatori e “tetti”, che lo stock di debito frena la crescita: senza
affrontare questo nodo, è futile una strategia in cui ci si illude in un
aumento del denominatore (ricordiamo: è il Pil) per giungere, delicatamente, a
una riduzione di un rapporto che un quarto di secolo fa ci siamo impegnati a
portare al 60% (stimato, invece, dall’Ocse al 134,2% per il 2014).
Se i
risultati elettorali del 25 maggio andranno “bene” per il Governo, ci si può
aspettare una “svolta prossima ventura” in luglio. Non prima di allora perché
non dovrebbe trattarsi di qualche sforbiciata alle spese e quale ritocco alle
aliquote: un’Italia in stagnazione, ove non in recessione, non potrebbe
sostenerlo sotto il profilo sociale. Ci vorranno almeno alcune settimane per
decidere come fare dimagrire “il convitato di pietra”.
Le ricette
non mancano. Un esame complessivo delle proposte in campo è stato approntato da
quel Cnel che il Presidente del Consiglio pare avere fretta di sopprimere, ma
che, in questa fase, potrebbe essergli oltremodo utile. Una proposta articolata
è stata prodotta, pochi mesi dopo l’esame del Cnel, dal centro studi Astrid. Da
alcuni anni associazioni come L’Italia c’è e Società Libera presentano schemi.
Pure l’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan sulla Dottrina Sociale
della Chiesa ha rivolto un appello politico gli italiani (il 14 maggio scorso)
in cui sottolinea l’urgenza di privatizzare la Rai (sarebbe “la madre” di tutte
le privatizzazioni). L’economista Lucrezia Reichlin (a lungo direttore del
servizio studi della Banca centrale europea) ha delineato uno schema di ristruttrazione
del debito e di privatizzazioni accelerate utilizzando il Meccanismo europeo di
stabilità - schema da concordare con i partner europei. Occorre, quindi,
esaminare tutto questo materiale . E, quel che è più difficile, scegliere.
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