Renzi ora indichi
una vera politica economica a medio termine
Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi (e la
giovane équipe che ha portato con sé a Palazzo Chigi) è senza dubbio il
vincitore delle elezioni europee: in Italia ha una solida maggioranza di voti
per governare (ma necessità del supporto di Forza Italia per riformare
legge elettorale e Costituzione) ed al Parlamento Europeo porta una pattuglia
di deputati italiani in grado di essere determinanti nelle scelte del PSED.
RIFORMA ELETTORALE E DELLA COSTITUZIONE
Negli ultimi tre mesi, però, il programma da lui
presentato aveva chiaramente, anzi quasi sfacciatamente, il successo delle
elezioni del 25 maggio, duellando essenzialmente con quello che percepiva
essere il suo avversario a sinistra (il M5S). Ora deve guardare ai
prossimi anni, riforma della legge elettorale e della Costituzione. In questo
ordine, poiché se non si giunge presto ad una nuova legge elettorale, non solo
il Governo rischia di essere accusato da tatticismo (posporre le nuove regole
per il voto al fine di ritardare una nuova chiamata alle urne) ma la stessa
riforma della Costituzione diventa più complicata (perché manca l’arma suprema:
lo scioglimento delle Camere e l’inizio dei comizi).
GUARDARE AL MEDIO TERMINE
Lasciamo ai politologi questi aspetti. Sotto il
profilo economico, superato il 25 maggio, è essenziale che il Governo guardi al
medio termine. Con pochissimi annunci, o meglio ancora senza nessun altro
annuncio, ma fatti concreti.
UN PATTO IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO
Al di là di misure chiaramente di breve periodo che
possono essere estese al medio (la principale riguarda oneri sociali ed Irap:
ossia gli ormai famosi 80 euro), il principale punto della politica economica a
medio termine sino ad ora espresso dal Governo riguarda un ‘patto’ da
raggiungersi al Consiglio Europeo di ottobre 2014 (presieduto da Renzi in
persona): flessibilità (in termini di rapporto tra indebitamento della pubblica
amministrazione e PIL, allentamento dei tempi e dei modi per portare dal 134%
del Pil al 60% lo stock di debito pubblico, metodi per la contabilizzazione
delle ‘spese per il futuro quali investimenti nella contabilità europea) in
cambio delle riforme allora in fase avanzata.
RIFORME E STRATEGIE DA ESIBIRE
Non solamente, dati i regolamenti ed i tempi parlamentare,
credo che l’unica riforma che potremmo esibire è la legge elettorale (una
ragione in più per metterla in testa all’agenda), ma il ‘patto’ suona di
stantio dato che è modellato sul Rapporto Brandt del 1980. Ciò
non vuole dire che debba essere rottamato.
Occorre dargli un contenuto più solido di una politica
di mal digerito stampo neokeynesiano secondo cui basterebbe migliorare la
distribuzione del reddito (con la leva contributivo –tributaria) per dare
slancio a domanda aggregata tramite i consumi delle fasce deboli ed , indi,
fare da motore agli investimenti.
Occorre una strategia che miri ad obiettivi quali
quelli che l’Italia si pose, e raggiunse, negli Anni Ottanta quando si riuscì a
fare centro su due target, all’apparenza contradditori: ridurre
l’inflazione drasticamente e mantenere un saggio adeguato di crescita. Ora si
tratta di mantenere sotto controllo la finanza pubblica, migliorare la qualità
della spesa (è strano che una delle parti sociali abbia bloccato il lavoro del
CNEL in materia, tanto più che tale lavoro era stato apprezzato dalle
organizzazioni finanziarie internazionali e dal mondo accademico italiano), e
soprattutto agevolare l’aumento delle dimensioni d’impresa, specialmente nel
manifatturiero, ottenendo guadagni di produttività e competitività. Tutto ciò
comporta denazionalizzazioni. Molte sono in agenda.
UN APPELLO POLITICO DAGLI ITALIANI
Vale la pena ricordare, però che pochi giorni prima
delle elezioni europee, l’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thaun sulla
Dottrina Sociale delle Chiesa ha lanciato un Appello Politico dagli
Italiani (che Matteo Renzi farebbe bene a leggere nella doppia veste
di cattolico praticante e di Presidente del Consiglio) che delinea una politica
economica a medio termine e pone la privatizzazione della Rai come tassello
essenziale e prioritario per dare ad essa corpo.
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