Numero 089 pag. 1 del 8/5/2014
Teatro Al festival che cerca di risollevarsi dalla crisi è in scena l'opera di Wagner
Tristan, note di Maggio
Innovativa la regia di Stefano Poda, serrata la direzione di Metha
di Giuseppe Pennisi
Tristan si impone per due aspetti d'interesse, la regia di Stefano Poda e la concertazione di Zubin Mehta. Poda, che cura anche scene, costumi e luci, e lavora principalmente all'estero (soprattutto in Austria), fornisce una lettura nuova del lavoro: un'ambientazione astratta e atemporale dove l'aktion (questo il titolo che Wagner diede ai tre atti in cui, però, di azione scenica in senso stretto c'è poco) è essenzialmente interiore: i due protagonisti si amano ma non si sfiorano e non perdono l'innocenza.
La scena unica, visivamente attraente, ricorda la pittura astratta giapponese. Torsten Kerl (Tristan), Lioba Braun (Isolde) , Julia Rutigliano (Brängane) e Stephen Milling (Re Marco) vivono in mondo esclusivamente di sentimenti a cui si contrappone quello sanguigno, e violento, di Martin Gantner (Kurnewal) e Kurt Azesberger (Melotto). Un'interpretazione analoga, ma meno radicale, era stata proposta da Patrice Chéreau alla Scala nel 2007. Kerl è un tenore eroico dal timbro molto chiaro, mentre la Braun è un mezzo soprano che scende a registri da contralto; ciò fa apprezzare meglio che in altre edizioni il lungo duetto del secondo atto dove spesso vengono affiancati un tenore brunito e un soprano drammatico. Tra gli altri - tutti di buon livello - spicca il Re Marco di Stephen Milling nel lungo monologo del secondo atto, una pagina che in molte edizioni tende a sembrare lungo e monotono, ma a cui egli ha dato forza e drammaticità. Zubin Mehta, che proprio al Maggio Fiorentino aveva offerto un Tristan di alta qualità nel 1999, ha mutato profondamente approccio rispetto a tre lustri fa. Allora, la sua concertazione aveva posto l'accento sui presagi novecenteschi di un cromatismo (specialmente il secondo atto) che apre la via alla scuola di Vienna e alla dodecafonia. Oggi enfatizza, invece, il sentimentalismo post romantico, serrando i tempi e dando maggior risalto alle dissonanze, specialmente nel finale del primo atto. (riproduzione riservata)
Nessun commento:
Posta un commento