Il Maggio splende con «Tristano e Isotta»
GIUSEPPE PENNISI
FIRENZE
Dopo una grave situazione finanziaria e una drastica riduzione d’organico, unitamente con l’entrata in funzione del nuovo, modernissimo, teatro, questo dovrebbe essere il Maggio Musicale della svolta. È stato inaugurato ieri con Tristan und Isolde di Wagner al Teatro Comunale, in via di dismissione. Una seconda inaugurazione avrà luogo in una serata di gala il 10 maggio all’Opera di Firenze, con un programma in quattro parti: due atti di differenti opere ( Otello di Verdi e Tosca di Puccini) e due balletti (di Ravel e Pãrt). Il programma di questo 77° Maggio Musicale (fino al 4 luglio) comprende altre tre opere ( Roberto Devereux di Donizetti, L’amore delle tre melarance di Prokofiev e Orfeo ed Euridice di Gluck) oltre a balletti e a una vasta serie di concerti, con alcune delle migliori bacchette su piano mondiale. Tornano anche la musica contemporanea e l’elettroacustica.
Accolto con vivo successo, Tristan und Isolde, che mancava da Firenze da quindici anni (anche allora diretta da Zubin Mehta), è stata proposta in un’edizione innovativa che ricorda, per certi aspetti, quella presentata da Patrice Chéreau e Daniel Barenboim all’inaugurazione della Scala nel 2007. Pur se chiamata da Wagner 'azione in tre atti', lo sviluppo è tutto interiore (in lunghi racconti) più che sulla scena. Stefano Poda (che firma regia, scene, costumi e luci), tuttavia, va più oltre di Chéreau e Peduzzi. La scena unica è puramente astratta e atemporale (anche se non manca la nave di Isotta). In questo ambiente, quasi lunare con al centro qualcosa che assomiglia a una montagna di sale, si confrontano due mondi: quello di Tristano (un Torsten Kerl dal timbro chiarissimo), di Isotta (Lioba Braun in grande forma, di Brängane (un’efficace Julia Rutigliano) e di Re Marco (un Stephen Milling possente) è esclusivamente interiore. Vi si contrappone il mondo violento di Melotto (Kurt Azesberger) e di Kurnewal (Martin Gantner). In questa lettura, il rapporto di Tristano e Isotta è all’insegna dell’innocenza (anche per questo si vedono bambini in scena): nella lunga notte del secondo atto i due protagonisti non si sfiorano. E Re Marco si considera tradito da Tristano (allevato come un figlio), non da Isotta (sposata solo per motivi politici e mai sfiorata).
A differenza della lettura datane quindici anni fa (e di quella di Barenboim alla Scala), Mehta non interpreta il lavoro secondo la tradizione di considerarlo precursore della musica del Novecento 'storico'. La legge come un’opera tardo romantica, stringendo leggermente i tempi, enfatizzando le dissonanze e giustapponendo i cromatismi ai momenti più apertamente diatonici. Una lettura che ricorda quella di Carlos Kleiber e che in tempi recenti si è ascoltata solo con Antonio Pappano sul podio.
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Applauditissima apertura di stagione a Firenze con l’opera di Wagner diretta da Zubin Mehta.
Ottimo il cast dei cantanti capitanati dai protagnosti Torsten Kerl e Lioba Braun
FIRENZE. L’allestimento di Poda
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