Come e chi
punire per i fattacci svelati da Geithner
Le affermazioni nel volume di Tim Geithner non
possono essere smontate come “una volgata corrente”. Ha ben precisato un
politico di lungo corso come Rino Formica che, ove ci fossero state
interferenze da Stati o politici stranieri, si sarebbe trattato di un evento
gravissimo.
Ad una lettura attenta delle frasi del volume, ed a
conversazioni con amici americani, tuttavia, gli inviti agli Stati Uniti a fare
pressioni sul Fondo Monetario e, quindi, sull’Italia non sarebbero venuti da
questa o quella potenza straniera, ma da “high officials” di istituzioni
europei, presumibilmente da direttori generali (i Commissari sono noti per la
loro prudenza) la cui carriera è in gran misura il risultato della loro
contiguità con un’area politica ostile al Governo in carica nel novembre 2011.
Ciò non rende il caso meno grave, poiché, accettando
il servizio europeo, gli “high officials” hanno giurato di lavorare solo per
l’Europa e di spogliarsi, per così dire, delle loro preferenze, anche
politiche, nazionali. E’ verosimile che gli “high officials” dell’eurocrazia abbiano
operato d’intesa con colleghi di alcuni Stati dell’area dell’euro,
particolarmente insofferenti nei confronti del ministro Giulio Tremonti,
ancora più che del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Ciò comporta non di voltare le spalle all’episodio
affermando che si tratta di acqua passata, ma di chiedere: a) un’inchiesta nei
servizi della Commissione Europea; b) in ogni caso una pronta rotazione dei
Commissari, spostando ad esempio alla cooperazione allo sviluppo chi lavora da
troppi anni agli affari economici e monetari.
Un’inchiesta parlamentare italiana potrebbe essere non
solo utile a chiarire fatti ancora confusi (che coinvolgono l’essenza della
sovranità nazionale e della democrazia parlamentare) ma anche a stimolare le
istituzioni europee a fare le loro indagini e prendere le misure del caso
(oltre alla rotazione, comunque doverosa per il buon management, anche ad
allontanamento di dipendenti infedeli che venissero individuati).
Il “caso Geithner” ha ramificazioni, poi, più vaste e
più profonde. Le riforme istituzionali proposte dal governo sono sufficienti ad
evitare il ripetersi di interferenze del genere? Proprio il giorno in cui
uscivano le anticipazioni sul libro di Geithner nell’asettica sala Igea
dell’Enciclopedia Italiana venivano i celebrati i novant’anni del più famoso
politologo italiano (Giovanni Sartori) con la pubblicazione di un
fascicolo della rivista “Paradoxa” relativa allo studioso ed una
tavola rotonda coordinata da Gianfranco Pasquino con la partecipazione
di Giuliano Amato, Franco Bassanini e Massimo D’Alema.
Sartori – è noto – si è interessato principalmente di
metodo, ma di metodo per riforme politiche che possano essere calate nelle
realtà effettuali dei singoli Paesi. In numerosi interventi principalmente
su Il Corriere della Sera, ha criticato severamente le
riforme proposte dal governo. Il 12 maggio è stato Massimo D’Alema (pur
leader di peso della coalizione di governo) a sferrare un attacco severo alle
proposte dell’esecutivo in quanto potrebbero rendere il Paese ancora più debole
di quanto è adesso. E, quindi, ancora più soggetto a interferenze straniere.
Meno attenzione di quanto avrebbe meritato ha avuto
l’’Appello Politico agli Italiani” dell’Osservatorio Internazionale Cardinale
Van Thuan sulla Dottrina Sociale della Chiesa presentato a Roma il 14
maggio (mentre infuriava il “caso Geithner”). E’ un libro intitolato Un
Paese Smarrito e la Speranza di un Popolo in cui in 84 pagine si
presenta un programma di riforme (ed un programma di governo) per ridare
all’Italia il ruolo che le spetta. L’esecutivo dovrebbe leggerlo e meditarlo
perché non è sempre in linea con quanto delineato da Palazzo Chigi; ad esempio,
quella della Rai viene considerata come la privatizzazione più urgente. Proprio
come su questa testata ha più volte indicato il vostro chroniqueur.
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